AGI - Da settimane su fronti opposti sulla linea da seguire per arrivare alla pace in Ucraina, con toni anche spesso tranchant, Matteo Salvini e Enrico Letta viaggiano però all'unisono su un punto: dopo il governo Draghi mai più larghe intese.
I due leader sembrano mettere in pratica quelle 'convergenze parallele', coniate da Aldo Moro, che caratterizzarono una fase politica della storia italiana. Finito nell'occhio del ciclone per l'annuncio di un imminente viaggio a Mosca, poi annullato proprio a causa delle polemiche, Salvini non mette in discussione la tenuta dell'esecutivo di cui la Lega è forza di maggioranza, ma tiene a chiarire che quella attuale è "l'ultima" esperienza di governo assieme al Pd.
Sulla stessa lunghezza d'onda il segretario dem: "Non saremo più la protezione civile". Ovvero, i dem non andranno al governo per 'soccorrere' il Paese in caso di stallo all'indomani delle urne nel 2023. "Chiederemo agli italiani un voto e sono convinto che ci sceglieranno, ma se scelgono gli altri se li tengano per cinque anni e noi non andremo al governo comunque", scandisce Letta.
Entrambi impegnati nel tuor elettorale in vista delle comunali e del referendum sulla giustizia di domenica 12 giugno, i due leader - complice anche la competizione a suon di voti - tengono entrambi a scandire il concetto: mai più larghe intese.
Sottolineatura che non convince Carlo Calenda. Il leader di Azione liquida con un categorico "sono tutte balle" le dichiarazioni di Letta e Salvini. "Dicevano la stessa cosa prima di questa legislatura. Dicevano che non si sarebbero alleati con quelli con cui poi si sono alleati. Sono tutte fesserie per militarizzare il proprio elettorato", sostiene.
"Da adesso in poi i due schieramenti diranno 'votate noi perche' senno' c'e' la destra' o 'votate noi altrimenti c'è la sinistra' senza fare una proposta". Per Calenda è dunque necessario "costruire un terzo polo, quello della reponsabilità di governo. Lo stiamo facendo con Più Europa e tante liste civiche sul territorio". Anzi, Calenda rilancia "Draghi dopo Draghi a Palazzo Chigi dopo il 2023: non vedo altre soluzioni".
Ma Letta non ha incertezze sul medio e lungo periodo: "Questa maggioranza e questo governo devono andare avanti fino alla fine naturale della legislatura". Per questo, "noi sosterremo convintamente il governo, che sta facendo bene, e crediamo che questa maggioranza, atipica, termini con la fine di questa legislatura", spiega il leader dem. Che, categorico, scandisce: "Ci troviamo in un'alleanza assolutamente inedita, unica, e che non si ripeterà mai più.Queste larghe intese con Salvini, con la Lega, con le destre, sono per noi qualcosa di eccezionale che non si ripetera'". Anche perché, ammette, "ne vediamo tutta la difficoltà, tutta la fatica che questo sta comportando".
Ed ecco che si concretizza la 'convergenza parallela': anche Salvini non ha esitazione nel dire che "il governo di responsabilità nazionale non è una possibilità nel 2023. Altri governi con il Pd, passata l'epidemia e finita la guerra, non ce ne saranno più".
Per il segretario leghista "dopo il voto è necessario un governo politico - spiega in un'intervista - e il centrodestra deve presentarsi compatto e credibile all'appuntamento con le urne. Chi prenderà più voti avrà l'onore e l'onere di guidare la coalizione".
Salvini quindi ricorda che l'appoggio al governo Draghi è stato dettato dall'esigenza "di mettere l'interesse dell'Italia prima di quello del partito. Non ne sono pentito".
Certo, ammette, "governare con Pd e 5 Stelle è difficile e innaturale, ma così facendo abbiamo evitato aumenti di tasse su casa e risparmi, salvato la flat tax, riaperto l'Italia pur tra mille difficoltà, ottenuto i primi miliardi per fronteggiare gli aumenti di energia e carburanti. Non potevamo lasciare il futuro dei nostri figli e nipoti in mano a un monocolore di sinistra".