AGI - Sale la tensione all'interno della maggioranza. Dopo il botta e risposta delle scorse ore fra Matteo Salvini e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, lo scontro si allarga al Partito Democratico e al suo segretario, Enrico Letta. Il nodo del contendere è ancora il viaggio a Mosca del leader leghista e, più in generale, la linea del governo sulla guerra in Ucraina.
Salvini torna a ripetere che, se Luigi Di Maio facesse il suo lavoro, lui non sarebbe costretto a muoversi. Il riferimento del leader leghista è all'attività da lui portata avanti nei mesi scorsi, attraverso gli incontri con l'ambasciatore russo Sergey Razov. Colloqui che sono finiti nel mirino del Copasir, che si e' attivato per fare chiarezza. Una "atto dovuto", per il dem e componente del Comitato Parlamentari per la Sicurezza della Repubblica, Enrico Borghi.
Di diverso avviso, tuttavia, è lo stesso Salvini che definisce l'iniziativa una "minaccia inaccettabile". Il cerchio attorno al capo della Lega, tuttavia, sembra chiudersi. Nicola Stumpo, deputato di Leu, descrive Salvini come "un disperato" che "non guarda alla pace, ma ai sondaggi e agisce su una cosa seria in modo assolutamente inopportuno. L'impressione è di una persona disperata alla ricerca di qualche consenso", insiste Stumpo: "Mette in difficoltà se stesso e il suo partito, il governo ha le spalle larghe per sopperire a queste sgrammaticature".
In mezzo a questo fuoco incrociato, Salvini vede una sponda nelle parole del vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitrij Medvedev, che ha sottolineato come la Russia sia pronta "a dialogare su qualsiasi questione, ma ci deve essere il rispetto". Parole che Salvini commenta così: "La via del dialogo e della diplomazia per il ritorno alla pace è quella giusta, io continuerò a percorrere a testa alta questa strada, per il bene dell'Italia, e mi spiace che altri soprattutto a sinistra parlino solo di armi e guerra".
Il tema della presenza della Lega al governo, tuttavia, rimane sul tavolo, anche e soprattutto per gli affondi portati al lavoro che la Farnesina sta facendo sull'Ucraina. Ma non solo: oggi Salvini è tornato ad attaccare anche la ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese per la gestione dei flussi di migranti. "In questi minuti a Lampedusa ne stanno sbarcando in centinaia, a maggio abbiamo superato quota 20 mila, che è record - ahimé - poco invidiabile. Avere un ministro dell'Interno che controlla gli accessi sarebbe una cosa buona. Che faccia qualcosa, che giustifichi il suo stipendio da ministro", è la stoccata di Salvini. Per Letta, oltre a "farsi male da solo", il capo della Lega mina la "reputazione dell'Italia" in campo internazionale con "iniziative estemporanee messe in piedi non si sa bene per fare che cosa, con quali interlocutori e con quali consiglieri e consulenti".
Da qui la domanda del Partito Democratico al segretario leghista: "Se noi siamo i guerrafondai, i venditori di armi, quelli con l'elmetto in testa, allora chiedo a Salvini: perché stai al governo con noi? Perché hai votato la risoluzione che autorizza l'invio delle armi in Ucraina? Perché hai votato il decreto Ucraina che invia materiale militare a Kiev e conferma l'impegno italiano nella Nato? E alla luce di tutto ciò, questo e' il tempo dei guerrafondai o piuttosto quello dei parolai?", chiede Enrico Borghi.
La replica di Salvini non si fa attendere: "Il nostro è un atto d'amore che ci costa visto che essere insultato tutti i giorni da Letta e Di Maio non è il massimo". Tensioni che crescono sempre più all'approssimarsi del voto nei comuni e al contestuale referendum sulla giustizia, fortemente voluto dalla Lega, ma considerato inutile - nella migliore delle ipotesi - dal Partito Democratico. Salvini registra una scarsa attenzione attorno ai quesiti riguardanti la giustizia e parla apertamente di "bavaglio vergognoso", chiamando in causa anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi: "In Italia c'è democrazia se milioni di italiani potrebbero cambiare la giustizia e non sanno che possono farlo? Si tratta di un vergognoso bavaglio su cui mi aspetto che anche il presidente della Repubblica e il presidente Draghi dicano qualcosa".