AGI - Le elezioni amministrative ormai alle porte e per le quali alcune fonti ammettono "siamo messi male soprattutto al centro sud".
E poi le comunicazioni del premier Mario Draghi il 21 giugno, che comportano una risoluzione del Parlamento su cui votare per dire sì o no all'indirizzo politico che il governo traccerà sulla posizione dell'Italia circa la guerra in Ucraina e la cessione delle armi al Paese guidato da Zelensky.
Ma soprattutto la data del 7 giugno, in cui è fissato il ricorso davanti ai giudici di Napoli sulla seconda votazione per il nuovo statuto M5s che ha portato alla presidenza di Giuseppe Conte.
Sette, dodici, ventuno, dunque, i giorni caldi che si profilano per il Movimento.
Il focus dei pentastellati è soprattutto sulla decisione che i giudici prenderanno, considerata da alcuni un vero e proprio "spartiacque" per il futuro del Movimento e alla quale si guarderebbe con un certo timore anche, viene riferito, da parte di coloro che in M5s hanno posizioni di vertice.
Se venisse bocciata la posizione sostenuta dal Movimento "si tornerebbe al punto di partenza, un terremoto", viene osservato.
Che il ricorso attuale degli attivisti sia ancora più fondato di quello presentato in precedenza versus il M5s (che aveva comportato la sospensione delle deliberazioni sulle modifiche statutarie e sull'elezione della figura del presidente Giuseppe Conte) lo sostengono dall'esterno alcuni esperti di diritto.
Uno dei punti su cui insistono è che manca di legittimazione l'indizione del secondo voto sullo Statuto, a cui sono stati chiamati gli iscritti M5s a marzo scorso, da parte di Vito Crimi, per 'rimediare' allo stop del tribunale ai vertici pentastellati.
Non era lui a poterlo fare, sostengono. E se i magistrati dovessero di nuovo bocciare o sospendere la strada intrapresa allora dal M5s a seguito della prima ordinanza? "Io mi auguro che succeda - dice provocatoriamente una fonte - Il Movimento in questo momento è in coma farmacologico, mi auguro uno scatto in avanti".
Gli fa eco un altro interlocutore: "Mi auguro che, se deve succedere, la spaccatura arrivi il più presto possibile. Così non si può andare avanti".
Sul dopo però ancora nessuno si pronuncia anche se c'è chi prefigura la possibilità che, separandosi le strade, Conte possa creare un movimento suo.
Ma questo resta ancora una mera ipotesi. E Di Maio? "Luigi fa il ministro degli Esteri e come in tempo di pandemia non si cambia il ministro della Salute in tempi di guerra..".
Insomma Di Maio non può mollare la Farnesina, in questo momento, è la riflessione.
Quanto alle elezioni amministrative sembra serpeggiare malcontento, con la convinzione di alcuni che i risultati non saranno eccellenti, anzi.
Ma non solo. C'è chi, vista la campagna elettorale in corso, nota con una battuta: "Siamo passati dal Movimento dei contenuti a Conte e basta".
Infine il 21 giugno, dopo l'intervento del premier, in Parlamento seguirà il dibattito e poi la votazione.
Resta l'incognita della possibilità che M5s presenti una sua risoluzione anche per insistere sullo stop all'invio delle armi in Ucraina.
Nulla ancora sarebbe deciso, ma l'ipotesi non viene data per probabile. Conte è tornato sull'argomento armi: "Riteniamo che gli invii ci siano già stati da parte dell'Italia" e "mi sembra che in questo momento il problema dell'Ucraina non sia la carenza di armamenti, ma la carenza della voglia, della determinazione della comunità internazionale a perseguire un processo di pace".