AGI - Avremo potuto evitare di fare la battaglia su Petrocelli, lo abbiamo fatto anche per spirito di maggioranza chiedendo garanzie ma è arrivato l'ennesimo segnale che vogliono farci fuori: il presidente M5s Conte ha ripercorso così con i suoi la partita sulla Commissione Esteri di palazzo Madama, avallando la tesi che - come testimoniato dall'elezione di Stefania Craxi - è in corso un tentativo di formare una nuova maggioranza con l'esclusione proprio dei pentastellati.
L'ex premier alza il tiro ma, secondo quanto si apprende, non ha intenzione di strappare. Non per una poltrona, perché sarebbe un segnale non compreso dai cittadini, è il ragionamento.
Una delle idee che si sta valutando è quella di chiedere una 'verifica', una riunione di maggioranza per capire se è possibile andare avanti. "Draghi era stato avvertito già martedì. Spetta a lui la responsabilità tenere in piedi questa maggioranza", ha spiegato Conte. Alcune fonti riferiscono che il contatto sarebbe stato direttamente con il premier, con annesso avvertimento sulla tenuta del governo perché l'ex presidente del Consiglio già era al corrente dell'operazione per mettere in minoranza Licheri. Altre fonti, invece, sostengono che il canale sarebbe stato con gli uomini più fidati del premier. Fatto sta che l'irritazione dell'avvocato pugliese è emersa tutta nel comunicato.
"L'attuale maggioranza di governo esiste solo sulla carta, non nella realtà del confronto quotidiano. Registriamo come ormai sia venuto meno anche il più elementare principio di leale collaborazione", uno dei passaggi della nota. "Si è verificata - si legge ancora - una gravissima scorrettezza che ha innescato una evidente frattura tra le forze di maggioranza".
Un 'big' pentastellato riferisce che martedì il confronto ci sia stato anche con Salvini, proprio per sottolineare la gravità della situazione che si stava determinando.
Perché ieri all'assemblea di gruppo dei senatori (un'altra si terrà domani pomeriggio alle 15) era già chiaro che non ci sarebbero stati i numeri per eleggere l'ex capogruppo del Movimento 5 stelle a palazzo Madama, Licheri. M5s ora sta valutando le conseguenze del voto.
Già sul dl Energia c'era chi alla Camera avrebbe voluto astenersi per la vicenda ex Ilva. Ma sono stati proprio i vertici pentastellati a dire no, anche se nel pomeriggio alla Camera M5s dovrebbe tenersi le mani libere su un ordine del giorno che ricalcherà un emendamento portato avanti dal pentastellato Turco al Senato e sul quale si era sfiorata la rottura nella maggioranza. Sull'invio delle armi presenterà un ordine del giorno anche Alternativa ma al momento non c'è intenzione di fornire una sponda.
Ma ora il Movimento 5 stelle - spiega un 'big' - non dirà più sì a provvedimenti contrari ai principi identitari M5s. Ed alzerà il tiro proprio sul posizionamento dell'Italia sulla guerra in Ucraina, tornando alla carica sulla richiesta di un voto in Parlamento.
"Porteremo avanti le nostre battaglie politiche volte a prevenire ulteriori e pericolose escalation militari e a pretendere che l'Italia assuma un ruolo piu' incisivo, in sede internazionale ed europea, nel rilancio di una prospettiva negoziale concreta per risolvere il terribile conflitto in Ucraina", è scritto nero su bianco nella nota diramata al termine del Consiglio nazionale M5s. L'obiettivo è di far capire - osserva un esponente pentastellato - che questo governo non va avanti senza i nostri voti. Ma sul tavolo l'idea di uno strappo per il momento non c'è, anche se il tema si riproporrà magari dopo le amministrative o se dovesse consumarsi una nuova frattura.
Il pressing è affinché ci sia un incontro al più presto con il presidente del Consiglio ma Draghi è stato chiaro: l'esecutivo ha intenzione di aiutare ancora l'Ucraina qualora fosse necessario, "lo abbiamo fatto in passato e lo faremo quando necessario. Nella difesa dell'Ucraina gli europei sono tutti insieme".
L'ala governista ritiene che non si debba soprattutto in questo momento deragliare dalla linea dell'esecutivo, altri parlamentari invocano una maggiore chiarezza per evitare - osserva un esponente M5s - "di restare in mezzo al guado: o si sta al governo e si fa opposizione", il 'refrain'.
Ma il convincimento è che in questo momento non ci sia spazio per staccare la spina. I fari sono puntati dopo le amministrative con molti dossier rinviati al post voto nonostante la necessità di rispettare per fine giugno le scadenze sul Pnrr.