AGI - Anima e cacciavite, dice Enrico Letta nel suo discorso di insediamento davanti all'assemblea del Pd.
Al momento è il cacciavite, però, lo strumento che si sta rivelando più utile al leader dem che ogni giorno si trova a dover stringere le viti nella maggioranza e all'interno della coalizione di centrosinistra in costruzione.
Domani mattina, alle 11 in punto, Letta riunirà la direzione del Pd per illustrare lo stato dell'arte.
Lo farà partendo dal quadro nazionale ed europeo sconvolto da una guerra che arriva subito dopo la pandemia.
Un combinato disposto che fa di quello che doveva essere l'anno della ricostruzione e della ripartenza, l'anno della recessione.
Un "rischio concreto che è dietro l'angolo" per il leader dem. Contro questo rischio la parola d'ordine è una sola: lavoro. Anzi, "lavoro, lavoro, lavoro", come ribadirà Letta nella sua relazione.
E lavoro è anche quello che il Pd chiederà al governo dopo il passo avanti sul contrasto alla crisi sociale rappresentato dal decreto Aiuti.
In questo scenario, si innesta la guerra in Ucraina, con le fibrillazioni, i dubbi e i distinguo all'interno della maggioranza che sostiene il governo Draghi. Specie sulla questione dell'invio di armi a Kiev.
E se gli alleati di governo non mancano di segnalare le loro posizioni, arrivando a chiedere un nuovo voto in parlamento sugli aiuti da inviare alla resistenza ucraina, il segretario invita a tener la barra dritta perché, spiega, "siamo a un bivio drammatico della storia contemporanea: dilemmi su vita e morte, libertà e oppressione, democrazia e autoritarismo. Legittimo l'esercizio del dubbio, ma il Pd ha una classe dirigente adulta che ha saputo stringersi intorno alla posizione più giusta anche se a rischio impopolarità".
Dunque, sulla guerra "sostegno massimo alla linea Draghi-Guerini-Di Maio".
E se un passaggio in Parlamento dovrà esserci, nessuno si scomponga: "Non abbiamo mai paura del voto, la discussione è sana", sottolinea ancora il leader dem che, durante la relazione in direzione, ribadirà le sue proposte per far tacere le armi e per dare di nuovo la parola alla diplomazia: "Due le nostre proposte: quintetto dei leader a Kiev e a Mosca (Italia, Francia, Germania, Spagna, Polonia) e Confederazione Europea subito per far entrare l'Ucraina e gli altri paesi dell'est e dei Balcani Occidentali nella Famiglia europea. La guerra è in Europa ed è l'Europa che deve guidare il percorso verso la pace. Draghi a Washington lo ha detto al mondo".
Tutto questo, senza perdere di vista le battaglie parlamentari sui diritti civili, assunti da Letta come obiettivi qualificanti della sua segreteria.
Quello che il segretario chiede nell'ultimo scorcio di legislatura è "uno scatto di dignità".
Sulla legge contro i crimini d'odio, riproposta al senato con il testo Zan. Ma anche sul fine vita e sullo ius scholae.
Da qui l'appello alle forze politiche: "Dimostriamo di non essere l'Ungheria". Un appello che Letta lancia, prima di tutto, agli alleati di centrosinistra.
I continui distinguo del M5s e di Giuseppe Conte sulla linea del governo, dal sostegno all'Ucraina alla legge delega sul fisco, hanno portato i rapporti fra i due partiti ai minimi termini.
Ma Letta non deflette dal lavoro di costruzione di quella alleanza larga che considera strategica per una vittoria alle politiche del 2023.
La conferma, dunque, è del quadro di alleanze nella cornice di "un fronte democratico e progressista contro la peggiore destra di sempre".
Difficile? "Si, ma in gioco c'è futuro della democrazia", osserva il segretario. Legato a questo è anche il dibattito, ripartito proprio dall'interno del Pd, sulla riforma della legge elettorale.
"Bene anche le proposte sul proporzionale, l'importante è approdo a un sistema bipolare destra-sinistra. Il Rosatellum è stato un disastro", è la posizione del segretario.