AGI - Le forze politiche già guardano al 19 maggio quando il premier Mario Draghi terrà un'informativa alle Camere.
Le parole del presidente del Consiglio pronunciate all'inquilino della Casa Bianca Biden hanno comunque abbassato la tensione nella maggioranza.
Il capo del governo si è fatto promotore di un'operazione per rilanciare la prospettiva della pace e la tappa americana (non è escluso tra l'altro, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, che Draghi possa fare tappa prossimamente anche in Israele) è stata considerata un segnale positivo da chi, invece, temeva che Roma intendesse sposare posizioni più nette sull'invio delle armi.
Salvini si è detto soddisfatto, "è fondamentale - ha rimarcato - che Italia ed Europa riprendano un ruolo centrale, non a rimorchio di altri. Mai come ora un asse tra Roma, Parigi e Berlino sarebbe fondamentale per il cessate il fuoco".
"Se la Lega di Salvini o altre forze si uniranno a noi io lo auspico fortemente", dice il presidente pentastellato Conte, in merito alla battaglia sul fronte armi all'Ucraina.
Ma nel Pd il timore è che proprio sul conflitto in Ucraina possa saldarsi un asse giallo-verde.
L'ex premier non arretra sulle sue posizioni: "Se l'obiettivo è sconfiggere la Russia, potremmo coltivare un escalation militare senza limiti che per me sarebbe una prospettiva folle", ha argomentato.
E non cede neanche sulla necessità che ci sia un voto delle Camere sul posizionamento dell'Italia. "Sarebbe irrituale se, dopo due mesi e mezzo di guerra, il premier Draghi non venisse in Parlamento", ha sottolineato.
Il Movimento 5 stelle lavorerà alla risoluzione prima del prossimo Consiglio europeo ma quando il Capo dell'esecutivo si presenterà in Aula porrà dei 'paletti' su alcuni punti specifici.
E il più importante sarà appunto quello legato all'invio delle armi. Ma all'interno del Movimento permangono posizioni differenti.
E la cartina di tornasole resta il confronto interno su chi debba sostituire Petrocelli alla guida della Commissione Esteri di palazzo Madama.
Intanto il paradosso, riflette un 'big' del Movimento 5 stelle, è che a decidere sullo spostamento di Petrocelli in un'altra Commissione debba essere proprio il capogruppo Castellone.
Perché al momento Petrocelli formalmente non è stato ancora espulso. Il timore è che un eventuale ricorso di quest'ultimo possa poi chiamare in causa proprio i vertici dei gruppi a palazzo Madama.
Ormai l'iter dello scioglimento della Commissione è partito ed entro venerdì ci dovranno essere i nuovi nomi di chi dovrà farne parte.
Le altre forze della maggioranza hanno già fatto sapere alla presidente Casellati che intendono confermare i vecchi componenti mentre M5s, oltre a Petrocelli, sostituirà il pentastellato Airola probabilmente con l'ex capogruppo Licheri.
Castellone alla riunione di gruppo ha annunciato che si punterà su Ferrara: Iv ha già detto di non volerlo votare mentre nel Pd ci sono resistenze ma si spiega che la partita è tutta interna al Movimento.
La condizione è che debba esserci una linea diversa da quella portata avanti da Petrocelli che - osserva un esponente del Pd - ha avuto incontri continui con l'ambasciatore russo in Italia e con diplomatici bielorussi.
Per evitare che si ripeta un 'caso Petrocelli' non è escluso che alla fine la scelta arrivi attraverso il voto segreto. E non è neanche escluso che il Movimento 5 stelle appoggi a ranghi compatti l'indicazione di Ferrara.