AGI - Il prossimo passaggio cruciale in Parlamento sulla guerra in Ucraina sarà sul caso Petrocelli. Perché, nonostante le insistenze del Movimento 5 stelle affinché il premier venga a riferire in Aula prima della sua partenza negli Stati Uniti, al momento il governo tira dritto.
Il ministro della Difesa Guerini è tornato a ricordare la risoluzione votata a larghissima maggioranza che permette all’esecutivo di poter sostenere Kiev.
Martedì si riunirà la Giunta per il Regolamento che affronterà il caso della Commissione Esteri i cui componenti si sono dimessi per permettere il cambio al vertice, tranne l’ex pentastellato Dessì e lo stesso Petrocelli. "Purtroppo il Parlamento oggi rappresenta solo gli elettori del Pd. No all'invio di armi, l'Italia torni neutrale a promozione del dialogo e della pace", dice quest’ultimo che non ha intenzione di fare un passo indietro.
Ma nella maggioranza sono già in corso trattative su chi sarà il suo sostituto. L’ala governista del Movimento 5 stelle, riferiscono fonti parlamentari, punterebbe sulla senatrice Nocerino mentre il presidente M5s Conte avrebbe espresso il gradimento per l’ex capogruppo Licheri.
Ma nelle ultime ore, sempre secondo quanto si apprende da fonti parlamentari, in pole sarebbe il capogruppo M5s in Commissione Ferrara che avrebbe avuto ieri un colloquio con la guida pentastellata a palazzo Madama, Castellone.
Proprio Ferrara si è fatto portavoce della linea M5s invitando il capo del Governo prima di partire per gli Stati Uniti a “ricevere un mandato chiaro dal Parlamento in linea con il sentimento degli italiani, contrari a un'escalation militare e favorevoli a una soluzione negoziale".
Nell’ex fronte rosso-giallo il confronto è in corso, la richiesta al Movimento 5 stelle è di fornire garanzie affinché non si ripetano in prospettiva altri casi come quello che ha riguardato Petrocelli che ha votato no al decreto Ucraina in Parlamento. Di fatto la questione della successione di Petrocelli, nonostante i risvolti sull’immagine del governo e della maggioranza, è comunque un fatto interno al Movimento 5 stelle, ma non è escluso che sia poi il voto segreto a determinare la scelta.
E non è esclusa neanche l’ipotesi di una maggioranza ‘variabile’, ovvero di un asse M5s-Lega, con il partito di via Bellerio che potrebbe virare su Ferrara. I giochi sono prematuri ma il tassello della Commissione Esteri non è secondario in un quadro politico dove i pentastellati non intendono mollare la presa. “Sarei molto deluso se Draghi non venisse in Parlamento”, continua a ripetere Conte.
Giovedìi una delle ipotesi sul tavolo era che Draghi potesse riferire in Aula il 18 maggio, al ritorno dal viaggio negli Usa. Ma il pressing M5s è sempre più asfissiante. E preoccupa sempre più l’ala ‘governista’ del Movimento che teme un asse tra Conte e Salvini.
Martedì a palazzo Madama dovrebbe esserci una assemblea di gruppo dei senatori. Il timore è che l’ex premier voglia staccare la spina ma – rimarca una fonte parlamentare M5s – “così perderebbe una buona parte del gruppo”. L’eco delle elezioni anticipate risuona da giorni anche tra gli ‘ex lumbard’ ma Salvini ha ribadito oggi le ragioni per cui ha deciso di restare al governo. “Bisognerebbe – osserva però un ‘big’ del partito di via Bellerio – evitare di uscire fuori strada dal sostegno all’Ucraina, se vogliamo restare nell’esecutivo occorre mantenere una linea atlantista e senza terze vie, non basta inseguire i sondaggi”.
Salvini non preme affinché Draghi venga subito a riferire in Parlamento, lo farà dopo il viaggio negli Stati Uniti, ha rimarcato. Ma anche oggi ha lanciato l’invito a chiedere dove vanno le nostre armi e a sollecitare un riavvicinamento delle parti. Il Movimento 5 stelle, spiega una fonte parlamentare, sta cercando sponde proprio nella Lega affinché vada in porto il tentativo di far votare il Parlamento una mozione ad hoc.
“E’ legittimo che i parlamentari esprimano una propria valutazione sull’evoluzione del conflitto” e diano un atto di indirizzo, ha argomentato l’avvocato pugliese. La richiesta è che l’Italia interpreti una svolta nel negoziato, che dica no all’invio di armi “sempre più pesanti”. E che Draghi sia disponibile anche domenica stessa, ovvero prima dell’incontro con Biden, “l'Italia non deve andare a rimorchio di nessuno, non deve lasciare che siano gli altri a decidere".
Un ragionamento già illustrato nei giorni scorsi e che non sarebbe stato gradito, riportano fonti parlamentari, dal premier Draghi che nelle scorse settimane ha già illustrato in Parlamento la posizione del governo. Le fibrillazioni sono legate al conflitto in Ucraina ma nella maggioranza ci si interroga anche sulle reali intenzioni del Movimento 5 stelle sull’appoggio a Draghi. “Ha bisogno dei nostri voti”, osserva un ‘big’ M5s. Il premier – osserva una fonte ‘governista’ – non reggerebbe se il Movimento si sfilasse, anche perché lo farebbe anche la Lega. Letta cerca di non alimentare tensioni: “è naturale che ci siano discussioni”, osserva il segretario Pd ma non accennano a diminuire gli affondi nei confronti di Conte e Salvini. Critiche per esempio dal dem Marcucci (“Sono in campagna elettorale”) e dal deputato di Azione Osvaldo Napoli (“Conte sia coerente e lasci la maggioranza”), mentre l’azzurro Tajani rimarca la necessità che le armi servano a difendere l’Ucraina, non ad attaccare la Russia.