AGI - Enrico Letta ribadisce la piena fiducia nell'operato di Mario Draghi e Lorenzo Guerini. Allo stesso tempo, il segretario del Pd sottolinea di non avere problemi rispetto alla possibilità che il presidente del Consiglio o il responsabile della Difesa riferiscano al Parlamento sugli sviluppi sull'invio di armi all'Ucraina. Non si tratta di una 'apertura', dato che la necessità che il governo informi le Camere su ogni sviluppo dell'invio di armi è contenuta anche "all'articolo tre della legge di conversione del primo decreto", come ricorda un demi alla Camera.
Tuttavia, le parole di Enrico Letta rispecchiano un dibattito che nel Partito democratico è aperto. Semplificando, si potrebbe usare l'immagine della 'voliera': "Da una parte i falchi, quei parlamentari del Pd che sono per la linea dura contro Mosca, senza se e senza ma. Dall'altra le colombe, ovvero quegli esponenti di cultura cattolica e sociale e quelli più spiccatamente di sinistra, che hanno partecipato alla marcia Perugia-Assisi".
Un confronto che non ha una sede formalmente istituita, ma che prosegue da qualche giorno a questa ed emerge in controluce dalle dichiarazioni degli esponenti di primo piano. "La discussione c'è perché ci sono le sensibilità", conferma un deputato Pd all'AGI: "Si registra un certo disagio a sinistra e nella base, ma anche nell'area cattolica".
Da Palazzo Madama, un senatore dem di primo piano sottolinea che "già nella risoluzione votata dal Parlamento è previsto che il governo debba riferire al Parlamento sull'andamento delle operazioni". Tuttavia, tenere informato il Copasir o le Commissioni riunite appare una soluzione "un po' riduttiva" a chi teme una escalation miliatre a livello globale: "Nell'articolo 3 della legge di conversione c'è scritto che il governo deve riferire ogni tre mesi. Ma la situazione sembra cambiata, forse sarebbe il caso di un passaggio in Aula".
Un appello forte perché sia l'Europa a prendere in mano le redini della diplomazia e a tentare di rimettere la vicenda Ucraina sui binari della diplomazia arriva dal segretario, Enrico Letta che, in una intervista al Manifesto, sottolinea il fallimento del "primo forte tentativo verso una tregua, quello del segretario generale dell'Onu Guterres", finito sotto le bombe russe, a Kiev.
"Una umiliazione delle Nazioni Unite che dimostra l'evidente indisponibilità della Russia a fare passi avanti" in direzione della tregua, osserva Letta che chiede hai leader d'Italia, Spagna, Francia, Germania e Polonia di andare assieme a Kiev: "Sarebbe un messaggio fortissimo".
Un appello alla pace che arriva nelle ore più calde del dibattito sul nuovo decreto del governo contenente l'invio di armi a Kiev e che segue al vertice di Ramstein, in Germania, al quale hanno partecipato circa 40 paesi, fra cui l'Italia con il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.
Il Movimento 5 Stelle, con il presidente Giuseppe Conte, chiede a Mario Draghi e allo stesso Guerini di riferire al più presto in parlamento sul decreto. Il Copasir, dopo aver sentito il responsabile della Difesa, ha secretato le informazioni riguardanti gli armamenti da inviare da parte italiana. I partiti, tuttavia, ne sono a conoscenza e questo ha cominciato a suscitare qualche perplessità sulle scelte del governo.
Ribadendo la sua fiducia nei confronti di Mario Draghi e Lorenzo Guerini, Letta afferma di non avere particolari problemi rispetto alla eventuale informativa o comunicazione del governo alle Camere. "Il punto è che mi fido del governo, e in particolare di Draghi e dei ministri Guerini e Di Maio", e anche Conte, sottolinea Letta, "dovrebbe sentirsi garantito dal governo che sta gestendo con equilibrio e solidità la situazione. Dobbiamo ribadire che le armi che inviamo servono per la difesa di un paese aggredito, non certo per attaccare il territorio russo. Questo mi pare il vero nodo", conclude.
Netto il deputato ed ex ministro Graziano Delrio: "Il governo ha un mandato del Parlamento. I primi a sapere che c'è bisogno di un confronto, se il mandato cambia, sono Draghi e Guerini", osserva Delrio in una intervista al Fatto Quotidiano. All'Europa come portabandiera della via diplomatica si appella anche la capogruppo del Pd alla Camera, Debora Serracchiani: "I lavoratori e le lavoratrici italiane chiedono pace, chiedono all'Europa che ci sia un'azione sul caro bollette, un tetto al prezzo del gas. Chiedono all'Europa di essere quella diplomazia che interrompa questo momento così difficile e drammatico".