AGI - Deluso dal dibattito che si sta sviluppando in Europa, preoccupato per quello che potrebbe accadere dopo il voto in Francia. Enrico Letta sottolinea la necessità che l'Unione si muova compatta sull'embargo totale a Mosca. La posizione della cancelleria tedesca, secondo la quale lo stop al gas russo non fermerebbe la guerra, sorprende negativamente il segretario dem, convinto che quello dello stop totale al gas russo sia la strada da percorrere, sebbene non priva di difficoltà.
"L'impatto di una decisione tedesca sarebbe molto forte e mi auguro che non ci sia uno sganciamento", spiega Letta in conferenza alla Stampa Estera. Noi siamo per l'embargo completo delle fonti di energia che arrivano dalla Russia. Prima si arriva lì e meglio è. Ritengo che sia una contraddizione insostenibile il fatto che ogni giorno versiamo milioni di euro nelle casse della federazione russa. Penso che questa contraddizione debba essere sciolta".
Apprezzamento, quindi, per il lavoro portato avanti dal governo alla ricerca di canali alternativi da quello che arriva da Mosca. Di ieri è la missione del governo in Angola e Congo, seguita a quella in Algeria. Tuttavia per Letta "c'è bisogno di scelte a livello europeo. Su questo siamo un po' timidi".
Quella che arriva da Berlino, tuttavia, è una vera e propria frenata. Il cancelliere Olaf Scholz è categorico nel dire che "se Putin fosse sensibile ad argomenti economici non avrebbe mai iniziato questa folle guerra". Per Scholz, insomma, "non si tratta di guadagnare soldi, ma del fatto che vogliamo evitare una drammatica crisi economica, con la perdita di milioni di posti di lavoro e di fabbriche che non riaprirebbero mai più". Per questo, dice ancora il cancelliere tedesco, "è nella mia responsabilità dire che non lo possiamo permettere".
Assieme al confronto sull'embargo, Letta è impegnato pancia a terra per dare la massima visibilità alla proposta di una Confederazione Europea che possa portare in tempi brevi, "già quest'anno", paesi come l'Ucraina nella famiglia europea. Tutto questo, senza alterare le regole che sovrintendono all'allargamento. "
Una Confederazione Europea che sia al di sopra dell'Unione e che dia titolarità a quei paesi che lo richiedono di entrare nella famiglia europea", è la formula utilizzata dal segretario dem, per il quale "se non prenderemo come europei una iniziativa positiva in questi paesi si rafforzerà un sentimento filo americano in contrapposizione a un sentimento filo europeo".
Letta ha bene presente quanto accaduto in occasione del primo allargamento, quando Paesi come Polonia, Romania e Ungheria hanno atteso anche 14 anni prima di potere sedere al Cosiglio Ue. Un errore e un rischio, per il segretario dem: "O si costruisce un cambio coraggioso di prospettiva dell'Europa o ci ritroveremo in un cul de sac. In questi giorni emerge chiaramente che aveva ragione Romano Prodi a fare l'allargamento dell'Europa. Il fatto che oggi l'Europa tiene insieme la Polonia, la Slovenia e la Romania è positivo. Negli ultimi sette anni si è prodotta una frattura fra Paesi fondatori e Paesi centro-orientali e penso che anche il sovranismo di Orban e la sua narrazione avrebbe avuto meno capacità di attecchire se negli anni Novanta ci fosse stato un approccio diverso all'allargamento, se ci fosse stato un ingresso nella famiglia europea e poi l'ingresso nell'Unione" vera e propria".
Ma non si tratta solo di una questione di opportunità. Ci sono delle promesse da mantenere nei confronti del popolo ucraino. "Stiamo sbagliando nel fare promesse ai paesi candidati senza mettere in campo concrete e serie competenze rispetto a quelle promesse. Con le regole attuali, nel 2036 noi saluteremo l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea. È credibile e ragionevole con le promesse che tutti i leader europei stanno facendo al popolo ucraino? Io penso che sia ai limiti dell'irresponsabile".
A queste "timidezze" europee si aggiunge il voto francese. Emmanuel Macron è dato in vantaggio, forte anche dell'appello lanciato dai leader di Portogallo, Spagna e Germania. Non è, però, il momento di adagiarsi sugli allori, perché la posta in palio va molto al di là dell'Eliseo: "Nel caso in cui vincesse Marine Le Pen sarebbe la fine dell'Europa Comunitaria. Sarebbe la più grande vittoria di Putin", scandisce Letta: "Non ritengo possibile che l'Europa possa andare avanti con un rappresentante anti europeo della Francia".
Anche perché "la scelta di Le Pen di lasciare il comando integrato della Nato" nel caso guidasse lei la Repubblica, "è il segno di una politica isolazionista". Intanto, però, dal voto francese il segretario può trarre alcune importanti indicazioni su cosa potrebbe a breve accadere anche in Italia. Le lezioni, per Letta, sono due: la vicenda ucraina ha un impatto scarso sul voto domestico; il voto di una parte di elettorato che finisce a Melenchon è tutt'altro che populista e nazionalista.
"Sono tornato in Italia per evitare che il Pd faccia la fine della sinistra francese", ricorda Letta: "In Francia tutto il campo che io ambisco a rappresentare qui con il Pd, si è diviso: un pezzo ha votato Macron, un pezzo Melanchon. Una posizione della sinistra riformista in Francia non c'è più. Al di là di come Melanchon rappresenti quelle idee, hanno votato per lui tanti europeisti".