AGI - "Purtroppo la situazione è molto complicata e difficile e bisogna mettercela tutta, trovo che stiamo entrando in una fase complicatissima e credo che la possibilità che ci sia una terza recessione sia reale. Sono molto preoccupato". Dal Nazareno, dove è insediata in modo permanente la task force dem sul caro vita, Enrico Letta lancia un allarme diretto innanzitutto agli alleati di governo. Gli 'strappi' del centrodestra rischiano, è il ragionamento, di minare il cammino dell'esecutivo in una fase cruciale per il paese. "Così si spegne la candela", aveva già avvertito il segretario che, dopo l'incontro di ieri con i sindacati, oggi ha incontrato Confindustria.
Dare forza ai salari e alle pensioni è "la priorità massima" per il Pd, ha spiegato Letta alle rappresentanze sociali, per poi rivolgersi a Confindustria con una appello a "uno sforzo comune" in quella che sembra sempre di più una corsa contro il tempo per evitare la terza recessione in dieci anni. Per farlo, Letta chiede di procedere il più velocemente possibile per mettere un tetto al prezzo del gas: "Del tetto al prezzo del gas abbiamo parlato anche questa mattina con gli industriali, la nostra posizione è molto netta: abbiamo chiesto il 'price cap' a livello europeo sul gas. Non capisco le opposizioni in Olanda e Germania su questo tema. Solo così saremo capaci di evitare un ingresso nella terza recessione. Se non si farà il blocco europeo, bisogna farlo a livello nazionale, non ho alcun dubbio".
Ma è un passaggio di Letta sul 'peso' del premier in questo momento a dare il senso di un'urgenza percepita fra i dem: "L'autorevolezza del governo Draghi è importante per convincere l'Unione a sostenere scelte nazionali impegnative e a supportare decisioni come il price cap". Una autorevolezza che potrebbe essere minata dalle continue tensioni che attraversano la maggioranza, sponda centrodestra, e sulle quali Letta si sofferma anche oggi, ridimensionandole a "teatrino" della politica. Il riferimento è all'incontro chiesto e ottenuto dai leader di centrodestra con Mario Draghi per sincerarsi che la riforma del fisco non comporti l'aumento della pressione fiscale.
"Hanno detto che non vogliono che aumentino le tasse, Draghi gli ha risposto che non ne ha nessuna intenzione, e loro sono usciti dicendo di aver ottenuto di non fare aumentare le tasse. Il paradosso".
Sulla stessa lunghezza d'onda è anche Matteo Renzi che, però, annovera fra i partecipanti al teatrino anche Giuseppe Conte, per le intemerate del M5s sulle spese militari: "Il centrodestra e Conte hanno bisogno dello show, hanno bisogno del teatrino, stanno una settimana sui media a dire 'non cederemo', poi scambiano due sms, arriva la convocazione, parata uscendo davanti a tutte le telecamere. Sono ragazzi, soprattutto Conte, che sono in crisi di astinenza, se non hanno trenta telecamere non stanno bene. Quindi fanno trenta telecamere e sono felici e contenti".
Enrico Letta predica "pazienza" e assicura di voler continuare a lavorare al campo largo, da qui al 2023, con l'obiettivo di dare al paese una maggioranza "europeista, progressista e democratica".
Possibilmente, attraverso una nuova legge elettorale. Ma la riforma del sistema di voto appare tanto auspicabile quanto lontana al segretario del Pd, consapevole della tentazione che corre fra le forze politiche di maggioranza e non. A fronteggiarsi è il partito trasversale del proporzionale e, dall'altra parte, quello del maggioritario. Letta, fautore del secondo da tempi non sospetti, lascia la porta aperta a ogni ipotesi, spiegando che sarà compito del Parlamento trovare il sistema migliore.
E nelle file parlamentari del Partito Democratico è in crescita da alcune settimane il fronte di quanti auspicano un ritorno al proporzionale. A dare il via alla corsa è stato il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, a cui hanno fatto seguito big del calibro del ministro Andrea Orlando, oltre che esponenti parlamentari come Matteo Orfini e Andrea Marcucci.
L'idea di un ritorno al proporzionale trova sostenitori anche negli alleati M5s: "Non abbiamo trovato una correlazione tra la legge elettorale e la partecipazione al voto da parte degli elettori. Un cambiamento verso il proporzionale potrebbe essere di giovamento in questo momento storico, ma non c'è collegamento", spiega il ministro per i Rapporti col Parlamento, Federico D'Incà".
Al contrario, Matteo Renzi mette in campo un gruppo di lavoro per arrivare in tempi relativamente brevi a una legge ricalcata su quella con la quale si eleggono i sindaci nei Comuni e che consentirebbe di avere un sistema come quello francese, in cui chi vince governa per cinque anni. Dall'altra parte dello schieramento, Matteo Salvini ha già fatto sapere che il Parlamento non deve perdere tempo a parlare di legge elettorale, specie in un momento tanto drammatico. E Giorgia Meloni, fiera paladina del presidenzialismo, ha avvertito gli alleati che se qualcuno nel centrodestra votasse per un cambio della legge in senso proporzionale la coalizione non esisterebbe più.
Di presidenzialismo torna a parlare Matteo Renzi, rompendo un doppio tabù: quello dei leader di centrosinistra a parlare del sistema presidenziale e quello suo ad affrontare il tema delle riforme costituzionali dopo la sconfitta del 2016: "Per noi è come parlare di corda in casa dell'impiccato", sottolinea il leader d'Italia Viva nella diretta su radio Leopolda. "Da qui alla Leopolda faremo un gruppo di lavoro, per presentare alla Leopolda un articolato di legge costituzionale", annuncia. L'apertura di una discussione vera e propria in Parlamento sembra quanto mai lontana, dunque, ma i posizionamenti che si cominciano a registrare fra le forze politiche sembrano indicare che il tema è sul tavolo, ma difficilmente qualcosa si muoverà prima delle amministrative. Nel frattempo, c'è da superare il test nei Comuni. Giuseppe Conte rinvia ogni discussione sul doppio mandato a dopo le urne, spiegando che "chi si vuole fregiare dell'appartenenza al M5s deve mettersi al lavoro per quell'obiettivo".
Enrico Letta ha chiesto al partito di avere "l'occhio della tigre", citazione dalla saga cinematografica di Rocky: una mobilitazione totale che deve fare i conti, però, con le nuove emergenze che vive il paese e che mettono a dura prova anche il governo.