AGI - Maggioranza in fibrillazione sull'aumento delle spese militari. Il leader M5s Giuseppe Conte, alla vigilia del voto interno sulla sua leadership, avverte: "Se mi votate, sarò il presidente che dice 'no' a un aumento massiccio delle spese militari dello Stato, soprattutto in un momento del genere".
Parole che seguono le perplessità di Matteo Salvini: "Stiamo entrando faticosamente nel secondo mese di conflitto alle porte dell'Europa e ci sono uomini di stato di governo che parlano con troppa facilità di armi, di bombe e di missili". In vista dell'approdo al Senato del decreto Ucraina lunedì sera è prevista una riunione tra il governo e i partiti di maggioranza e non è escluso che l'esecutivo possa porre la questione di fiducia al decreto.
"Se il Movimento 5 stelle non dovesse votare in Senato l'ordine del giorno sull'aumento delle spese militari, la maggioranza c'è lo stesso", osserva il presidente della commissione Esteri della Camera Piero Fassino. "Dobbiamo anche liberarci da questa sindrome per cui da ogni voto dipenda l'esistenza di una maggioranza di governo. L'esistenza di una maggioranza governo è fondata su un programma di ordine generale rispetto a tutti i temi che il Paese ha di fronte".
L'altro nodo sul tavolo della riunione è l'ordine del giorno presentato da Fratelli d'Italia proprio a favore dell'aumento delle spese militari al 2%. Il governo potrebbe dare parere favorevole ma c'è il rischio di incidenti parlamentati nel caso in cui FdI chieda comunque il voto. Allora l'altra opzione cui starebbero lavorando i partiti sarebbe quella di presentare un odg di maggioranza sull'Ucraina in generale in cui inserire un accenno all'aumento delle spese militari.
Sul tema il presidente del Consiglio, da Bruxelles, è stato chiaro ieri: non intende fare passi indietro. "È fondamentale per l'integrazione politica, perché la garanzia di una difesa europea è la garanzia che non ci faremo più la guerra", ha affermato, bacchettando i partiti anche sui tentennamenti nelle prese di distanza dalla Russia di Putin.
"La politica oggi deve parlare del presente e del domani e in questo momento l'unica cosa che secondo me può fare una politica che vuole bene al Paese, che vuole la pace, è stare unita" e seguire "la posizione degli alleati". Nessuna recriminazione", quindi, ora il Paese deve guardare avanti perché, ha avvertito, "i conti si fanno con la coscienza e anche con il proprio elettorato. Ma non ora".