AGI - Cresce il malumore dei partiti per il taglio degli emendamenti presentati in commissione Giustizia della Camera sulla riforma del Csm.
Le proposte di modifica sono circa 700, di cui oltre la metà (per lo più targate centrodestra) riguardano il cosiddetto 'pacchetto' Cartabia.
Una mole ingente di proposte di modifica che rendevano alquanto improbabile il rispetto del calendario dell'Aula, dove il provvedimento è atteso il 28 marzo.
Da qui la decisione del presidente della commissione, il pentastellato Mario Perantoni, di ridurre il numero degli emendamenti (60 i subemendamenti dichiarati inammissibili), esortando i gruppi a limitarsi ai segnalati, in tutto circa 250 ("una scelta che non mi piace ma che si delinea come inevitabile, pena il rischio di affondare il provvedimento", ha osservato ieri Perantoni durante il lungo dibattito in ufficio di presidenza).
Una sforbiciata che, però, manda su tutte le furie diversi parlamentari e crea più di un mal di pancia nella stessa maggioranza. Dal governo arriva la rassicurazione che sarà fatto un "punto di sintesi", ha garantito la Guardasigilli, anche se nell'esecutivo - viene spiegato - resta l'orientamento a che il testo non venga stravolto.
La questione del taglio del numero di emendamenti è stata sollevata anche in Aula, con la richiesta di un intervento del presidente Fico.
Ad avvio seduta la deputata del Misto (ex FI) Giusi Bartolozzi ha parlato di decisione sul taglio degli emendamenti che "mortifica i componenti della Commissione e che, in seguito, mortificherà anche l'Aula".
Anche FdI, con il deputato Riccardo Zucconi, ha chiesto che "si riconoscano al Parlamento le giuste tempistiche per approfondire e la necessità di operare in modo più serio". Il renziano Roberto Giachetti ha insistito quindi con la presidenza della Camera di "chiedere alla presidenza della Commissione una rivalutazione".
La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, durante un'audizione al Senato, ha assicurato che "nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, arriveremo a un punto di sintesi", ricordando che la riforma è "da completare entro il 2022".
Sul 'pacchetto' di emendamenti del governo, tuttavia, arrivano le perplessità dello stesso Csm. In particolare, nel parere elaborato - e votato all'unanimità - dalla Sesta Commissione del Csm sulla riforma Cartabia, si esprimono criticita' sulle previsioni inerenti il nuovo sistema per eleggere i togati a Palazzo dei Marescialli.
"Il sistema elettorale introdotto, pur essendo prevalentemente maggioritario, prevede un correttivo proporzionale che mira ad offrire ai gruppi minori una rappresentanza in Consiglio".
Un correttivo "insufficiente" poiché, si spiega, "anche con tali modifiche le minoranze potrebbero essere sottorappresentate mentre i gruppi di maggiori dimensioni potrebbero essere sovrarappresentati".
Inoltre, "l'obiettivo proposto di ampliamento delle candidature - si legge nel documento, inserito all'ordine del giorno aggiunto del plenum di questa settimana - è solo in parte realizzato".
Anche le misure relative alla parità di genere "appaiono migliorabili, perché limitate alla uguaglianza numerica di candidature" e altra "criticità", secondo la Commissione del Csm, "è rappresentata dalla individuazione discrezionale dei collegi elettorali a cura del ministro, con conseguente rischio di una modifica strumentale della composizione dei collegi al fine di orientare il risultato elettorale".
Infine, la commissione del Csm esprime "critictà" anche su un altro punto della riforma, quello relativo alle 'porte girevoli'.
Criticità "connesse alla difficile concreta individuazione di un 'tertium genus' (rispetto all'attività giudiziaria in ruolo e all'attività non giudiziaria fuori ruolo) di attività esercitabile dai magistrati ordinari".