AGI - Ora sì, Enrico Letta può stare davvero "sereno". Il day after della sfida per il Quirinale lo vede al riparo da polemiche e faide interne, a differenza dei "colleghi" di maggioranza, Giuseppe Conte e Matteo Salvini.
Il segretario ha richiamato i suoi alla "sobrietà" raccomandandosi di evitare "eccessi da successo".
Il nome di Sergio Mattarella era fin dall'inizio la carta nascosta del segretario Pd. Nascosta, o quasi: perché in alcuni colloqui e interventi televisivi si era fatto sfuggire frasi come, "Mattarella sarebbe il massimo".
A due giorni dalla riuscita dell'operazione, nemmeno le polemiche sul suo presunto 'endorsement' per Elena Belloni riescono a togliere il sorriso al leader dem: "Scorie prevedibili, ma del tutto inutili e innoque", le bollano al Nazareno.
La verità di quanto accaduto nella settimana che ci siamo lasciati alle spalle, è il ragionamento che viene fatto, è talmente limpida che non sarà uno "spin" malizioso a poterla alterare: su Belloni come su altri quattro nomi c'era un accordo di massima che andava sottoposto al confronto dei leader e sul quale andava ricercata l'unità "irrinunciabile" della maggioranza.
Tuttavia, il gioco dei veti incrociati ha fatto in modo che quel nome non fosse mai realmente preso in considerazione durante il vertice di maggioranza, a maggior ragione dopo il cortocircuito creato dalle dichiarazioni di Matteo Salvini davanti alle telecamere.
Ora, al segretario e al Partito Democratico si presenta la possibilità di capitalizzare quanto fatto fino a qui. Le priorità, spiegano dal quartier generale del Pd, sono la riforma della legge elettorale e quella dei regolamenti parlamentari: è questa la cura Letta per una "democrazia malata" di trasformismo, come la chiama il leader dem.
Il segretario è già al lavoro con il deputato Andrea Giorgis e la costituzionalista Carla Basso ma, trattandosi delle "regole del gioco della democrazia", continuerà a cercare il dialogo con le altre forze politiche. In ogni caso, viene sottolineato dal Nazareno, "il cantiere della legge elettorale apre adesso".
In larga parte dei dem c'è una spinta per il proporzionale, ma Letta non sposa nessun modello in particolare, lasciando la porta aperta al confronto e non escludendo "nessuna pista". Si tratta, per Letta, "di una questione su cui sarà fondamentale dialogare con tutti".
L'obiettivo rimane quello di superare il Rosatellum ed eliminare le liste bloccate. "La legge elettorale deve essere in agenda e, per quanto ci riguarda, c'è tutto l'interesse a metterla in agenda. Quella attuale è forse la più brutta che ci sia stata regalata", ha ripetuto Letta poco prima del voto per Mattarella. Il successo ottenuto nella partita sul Quirinale, tuttavia, ha messo benzina nel serbatoio di chi vorrebbe approfittarne per massimizzare il consenso interno.
Letta è atteso da un congresso che si terrà nel 2023 e fra i dirigenti più vicini al segretario c'è chi consiglia di anticiparlo per fare tesoro del consenso di cui gode nel partito e nei territori: "Al momento non è un tema all'ordine del giorno", è la risposta che riserva il segretario a chi glielo chiede. E questo nonostante gli avvertimenti che arrivano da alcuni dirigenti Pd a lui molto vicini.
Ci sarebbero stati infatti alcuni capi corrente che, mentre Letta portava avanti le trattative con gli altri leader di maggioranza, lavoravano per far crescere il consenso su Pier Fardinando Casini, anche dentro il Partito Democratico. Una operazione, viene spiegato nel Pd, che avrebbe indebolito il segretario, fatto riemergere il potere delle correnti e aperto la strada al disegno neocentrista, radicalmente alternativo a quello seguito da Letta.