AGI - Il Consiglio dei ministri si rimette al lavoro ma dietro la facciata di un ritorno alla concreta routine dell’impegno sul fronte della pandemia e del Pnrr le conseguenze politiche della rielezione di Mattarella dentro i partiti e le coalizioni sono tutt’altro che digerite. Sui giornali scivolano però sottotraccia perché, con pochissime eccezioni, i titoli di prima pagina sono tutti per Draghi. Qualche esempio per sentire in che chiave s’intonano le cronache dal Cdm. “E’ tornato Draghi” (‘Repubblica’), “Recovery, la svolta di Draghi” (‘La Stampa’), “Ue, Draghi spinge i ministri” (‘Corriere della sera’).
Il ‘Sole 24 ore’ registra che “sui mercati si sente l’effetto Quirinale” con lo spread che cala a 135 punti, e parla di “un nuovo inizio” per il governo. Barbara Flammeri descrive un Cdm “della ripartenza” con un Draghi sorridente molto più della prima volta e intento a “richiamare la sua squadra sulle priorità dell’esecutivo. Che sono poi le stesse espresse dal Capo dello Stato: la lotta alla pandemia e la ripresa della vita economica e sociale del Paese”.
Non così idilliaca la seduta, secondo ‘il Messaggero’ che riferisce di un “clima teso” nel Consiglio dei ministri e di “atmosfera un po’ gelida” che Marco Conti sintetizza nel paragone con la cena di Natale nel film “Parenti serpenti”. Un quadro che si salda con l’analisi di Maurizio Belpietro su ‘La Verità”: “Invece di garantire stabilità al governo, come sarebbe stato legittimo attendersi, la seconda dose di Mattarella sta assicurando instabilità all’esecutivo e all’uomo chiamato a guidarlo”. I motivi, spiega, sono molti ma il primo “è senza dubbio la rissosità che si è scatenata tra i partiti, nessuno escluso”. Perché le tensioni restano e si surriscaldano, sia all’interno alla larga maggioranza, sia in seno alle singole forze politiche, sia tra alleati di coalizioni che si sono lacerate sul voto per il Colle.
Sul ‘Foglio’, Claudio Cerasa la mette così: “Il governo deve dimostrare di essere più vivo dei partiti”, e “entrare nella stagione della costruzione del futuro”, facendo “un passaggio di fase necessario: non più il governo che salva l’Italia, ma quello che prova a modernizzarla”. E sullo stesso giornale, Mara Carfagna, con una lettera pubblicata in prima pagina, invita il centrodestra a ripartire per l’appunto dal governo. Perché, riflette Carfagna, bisogna chiarire se “questa immaginaria alleanza 2.0 intende proporsi agli italiani come portatrice di un ‘nuovo ordine’ contro l’attuale stagione” o invece “intende consegnare l’esperienza del governo di salvezza nazionale al giudizio degli italiani” presentando i risultati ottenuti “insieme ai tecnici, che non sono il male assoluto ma una grande risorsa del Paese”.
La discussione è appena agli inizi e nella Lega, che oggi riunisce il Consiglio federale, “tira una brutta aria”, stando alle ricostruzioni firmate da Antonio Bravetti e Francesco Moscatelli su ‘La Stampa’. Il quotidiano racconta che nel Nord Est “cresce il malcontento come mai prima” e nelle chat dei militanti si fa il “processo al segretario”, mentre nel centrodestra c’è freddezza sulla proposta di Salvini di una federazione sul modello dei Repubblicani Usa, alla quale il leader ha cominciato a lavorare incontrando Berlusconi appena dimesso dal San Raffaele. Decisamente ostile è Giorgia Meloni, che giudica “folle” la gestione salviniana della partita del Quirinale e che afferma “non intendo fare buon viso a cattivo gioco”, informano Marco Cremonesi e Paola Di Caro che sul ‘Corriere della sera’ ipotizzano anche, tra le prime conseguenze del terremoto post Colle, “il rischio che la Lega faccia cadere la giunta di Toti in Liguria”, perché i centristi totiani “ci hanno pugnalato”, dice il leghista Rixi.
Per ‘Libero’, è iniziata “la sfida finale tra Salvini e Meloni”, e Pietro Senaldi prevede “colpi bassi”. Alessandro Sallusti, convinto che “questo centrodestra era già morto nel marzo del 2018” quando le politiche sancirono la fine della leadership di Berlusconi, e quindi “tocca ora a Giorgia Meloni inventarsi qualche cosa di nuovo che vada oltre il suo florido feudo. Per lei è la partita della vita”.
Malgrado l’attivismo di Salvini, ‘il Giornale’ intesta a Berlusconi la manovra di ricomposizione, e di riposizionamento, del centrodestra: “Berlusconi svolta”, assicura il titolo. Il direttore Augusto Minzolini riporta, virgolettato, il ragionamento del Cavaliere: “Per me ora esiste il centro, liberale, garantista, cattolico, europeista; non c’è più il trattino che lo lega alla destra”, e “Forza Italia è il centro, non quei cespugli senza leader che ambiscono a occupare quello spazio”. Con queste premesse, osserva Minzolini, da un lato “è difficile se non impossibile che Berlusconi possa rapportarsi con la Meloni”, mentre “con il Matteo Salvini del partito Repubblicano (una vecchia proposta del Cav) ci può essere una fase di studio e forse un percorso comune”. Comunque sia, stando sempre a Minzolini, il leader azzurro non ritiene necessario il ritorno al proporzionale e spiega che “alla vigilia delle elezioni il centro deciderà con chi allearsi”. Come dire, mani libere.
Riaffiora dunque il chimerico grande centro, sogno ricorrente della politica italiana, e, in declinazione “terzo polo”, ci stanno ragionando anche i partiti più piccoli con Toti che “accelera” e Renzi che “temporeggia”, secondo il retroscena di Marco Iasevoli su ‘Avvenire’: Quagliariello lancia l’idea di Casini come “federatore” di “un partito per l’agenda Draghi”, ma il giornale riconosce che “di concreto in questo dossier così amplificato nelle ultime ore, c’è ancora poco o nulla”.
Sul fronte dei 5 stelle è esploso lo scontro tra Conte e Di Maio, che vanno verso un duello nell’’OK Corral” di un’assemblea con tutti gli attivisti, per la quale non c’è ancora una data. I pentastellati, scrive Matteo Pucciarelli su ‘Repubblica’, per ora “stanno analizzando tutte le formalità statutarie del caso”, anche perché lo scontro pubblico tra il presidente del Movimento e il ministro degli Esteri sarebbe “un unicum nella storia del partito, finora i ‘processi’ sono sempre stati più che altro sommari”, forse figli di quella “passione per le purghe staliniane” che, sempre su ‘Repubblica’, Lavinia Rivara imputa al movimento. Come che sia, ieri Di Maio è stato bersagliato da una lapidazione su Twitter. Conte attacca dalla tribuna del ‘Fatto quotidiano’. Intervistato da Luca De Carolis, l’ex premier propina la sua versione dei fatti sull’affondamento della candidatura Belloni, assicura di “fidarsi ancora” di Enrico Letta, e nei confronti del rivale interno suona inquisitorio: “Di Maio dovrà rendere conto di diverse condotte molto gravi, ai nostri iscritti e alla comunità”.