AGI - Si va verso un nuovo nulla di fatto sul Quirinale. Anche il terzo scrutinio per eleggere il presidente della Repubblica dovrebbe terminare con una nuova fumata nera. I due schieramenti maggiori, centrodestra e centrosinistra, infatti, hanno scelto per il terzo giorno consecutivo di far votare scheda bianca ai rispettivi grandi elettori.
Sembra tramontare, quindi, la tentazione di Lega, Forza Italia e FdI di andare alla 'conta' in Aula su un nome di bandiera - circolava l'ipotesi Nordio - per 'pesarsi' e verificare su quanti voti effettivamente la coalizione può contare e, soprattuto, di quanti voti aggiuntivi necessiterebbe un eventuale candidato di area.
Ma al momento del voto dei senatori arriva il colpo di scena: FdI non risponde alla prima chiama e alla seconda scrive sulla scheda il nome di Guido Crosetto. Nessuna spaccatura, garantisce Ignazio La Russa, ma la volontà di mettere fine al "balletto delle schede bianche". Breve faccia a faccia tra Salvini e Meloni.
Ma nello schieramento avverso si parla di prime crepe tra Lega, azzurri e FdI. Alle 21 riunione dei grandi elettori del Pd, anche la cabina di regia pentastellata tornerà a riunirsi in serata.
E' dunque ancora una situazione di stallo, con la difficoltà di tutti i leader di partito di poter garantire in questa fase la compattezza dei propri gruppi (da qui la prova 'di forza' di FdI, è la lettura che fanno i più maliziosi nel centrosinistra). Allo stesso tempo sembra resistere la volontà dei leader di non andare subito allo scontro in Aula.
Mentre è in corso la chiama dei primi grandi elettori (la seduta è iniziata alle 11), continuano a susseguirsi incontri, vertici e faccia a faccia.
"Oggi incontrerò tutti, è il mio lavoro", spiega di prima mattina Matteo Salvini, che aggiunge: "Spero che Conte e Letta non si fermino ai 'no", riferndosi al 'niet' del centrosinistra sulla rosa dei tre nomi (Moratti, Pera e Nordio) messa ieri sul tavolo della trattativa. Quanto a quello che si sospetta (in realtà è più di un sospetto) essere il vero nome su cui il centrodestra sarebbe pronto a puntare, la presidente del Senato Elisabetta Casellati, il leader leghista osserva: "E' la seconda carica dello Stato. Non ha bisogno che la sponsorizzi io o chiunque altro, quindi non ha bisogno di essere candidata: se uno la chiama, penso che sia a disposizione".
Ma il Pd avverte: se il presidente della Repubblica viene "eletto a maggioranza salta tutto", scandisce Francesco Boccia.
Stessa linea del Movimento 5 stelle: "Non si può andare verso un presidente della Repubblica che rappresenta solo una parte della politica e dei cittadini", afferma Mariolina Castellone, capogruppo M5s al Senato. Salvini, Antonio Tajani e Giorgia Meloni si sono riuniti nuovamente questa mattina e nel centrosinistra crescono i timori e torna ad aleggiare lo spettro del voto anticipato fra i parlamentari dem e pentastellati.
Ad acuire la tensione, permangono i dubbi tra i dem e in una parte dei 5 stelle sulla 'trattativa parallela' che starebbe portando avanti Giuseppe Conte (che ha sentito al telefono il garante Beppe Grillo). E, nonostante si sia solo all'inizio della terza giornata, la sensazione che si respira in Transtlantico, fra i capannelli dei 1009 grandi elettori, è che la nebbia è ancora lungi dal diradarsi. Una svolta nelle trattative potrebbe arrivare dal 'conclave' dei due schieramenti avversi, proposto ieri dal segretario Pd Enico Letta, ma che finora non ha trovato sponde nel centodestra.
"Il conclave con gli altri partiti? Vedremo, decideremo. Sicuramente dire 'no, no, no' è una cosa che non esiste. Ci devono spiegare il perchè di quei tre no" alla rosa, osserva Roberto Calderoli. "Ok al conclave ma non sono sicuro che si farà", commenta Matteo Renzi, che dà la disponibilità a partecipare all'eventuale vertice "come terzo polo".
Al momento, dunque, è buio assoluto sul se e quando si potrebbe tenere questa maxi riunione. Oggi è l'ultima votazione in cui occorre la maggioranza dei due terzi.
Da domani inizia una nuova 'partita': dal quarto scrutinio la maggioranza richiesta è quella assoluta, pari a 505 voti. Un obiettivo difficile per entrambi gli schieramenti in assenza di un'intesa che vada oltre i numeri dei propri gruppi, ma non più così irragiungibile come nei primi tre scrutini.