AGI - Quando mancano cinque giorni alla prima 'chiama' dei 'grandi elettori', Silvio Berlusconi non molla la corsa per il Quirinale mentre Matteo Salvini continua a portare avanti, al momento in 'solitaria', la sua partita del 'doppio forno'. Dopo il chiarimento di ieri tra i due leader del centrodestra, il presidente di Forza Italia ha ripreso a fare telefonate alla ricerca di nuovi sostenitori alla sua candidatura che - sulla carta - è ferma ai circa 450 parlamentari e delegati regionali di centrodestra, (escludendo i possibili franchi tiratori), a fronte della maggioranza assoluta di 505 necessaria per aggiudicarsi l'elezione al quarto scrutinio.
Sul fronte azzurro, si registrano le dichiarazioni di Vittorio Sgarbi che parla di un Cavaliere "triste" e pronto a mollare. Ma dalle parti di Arcore si smentisce la ricostruzione fornita dal 'telefonistà Sgarbi (che in questi giorni ha raccontato con dovizia di particolari le telefonate a potenziali grandi elettori, fatte al fianco del presidente di FI). Berlusconi intende misurarsi coi numeri, si garantisce, anche se non ha ancora deciso quando o come: se alla prima, terza o quarta votazione (in quest'ultimo caso basterà la maggioranza assoluta dei votanti per essere eletti).
In ogni modo, non ci sarebbe allo stato alcuna intenzione del Cavaliere di rinunciare alla corsa, quantomeno prima di lunedì, giorno della prima 'chiamà. Dopo la telefonata di chiarimento di ieri, non ci sono stati altri contatti tra Berlusconi e Salvini. E allo stato dovrebbe essere confermato il vertice di giovedì, anche se non c'è alcuna convocazione.
Da parte leghista, un 'big' suggerisce, invece, di non trascurare l'apertura in Europa, dove il partito di via Bellerio ha rotto l'isolamento, votando la popolare Roberta Metsola come presidente dell'Europarlamento, uscendo dall'angolo in cui era finito dalle elezioni del 2019 alleandosi con i partiti sovranisti ed euroscettici europei e non votando a favore della commissione guidata da Ursula von der Leyen. "La riuscita di questa mossa aumenta le chance di un'elezione di Draghi al Quirinale", confida il leghista di alto livello, "e la possibilità che noi sosteniamo un nuovo governo al 2023".
Allo stato, perchè questo si verifichi, Salvini ha posto una condizione ben definita: la partecipazione dei leader o comunque dei parti "ai massimi livelli" al nuovo esecutivo. Per la verità, al momento l'opzione Draghi non è la preferita tra i leghisti. Salvini ha detto di essere "rassicurato" dal fatto che Draghi resti a Palazzo Chigi e ha definito come "complicata" l'ipotesi di un suo trasloco al Colle. Ma, nell'indicare i ministri che sarebbe "impensabile toccare" perchè strettamente legati all'attuazione del Pnrr, sembra aver cerchiato le caselle che al suo partito potrebbero interessare nell'ipotesi di formazione di un nuovo governo: Interno, Difesa, Giustizia, Lavoro.
Salvini però porta avanti parallelamente anche l'altro forno: quello di una candidatura alternativa di centrodestra, da proporre nel caso in cui Berlusconi non insistesse con la sua corsa. I nomi delle possibili proposte circolano da alcuni giorni e sono quelli di Maria Elisabetta Casellati, Letizia Moratti, Marcello Pera, Pireferdinando Casini e Franco Frattini. Profili attorno ai quali il leghista pensa di intercettare il gradimento del partito di Matteo Renzi e, in alcuni casi, come Moratti e Frattini, anche del Movimento 5 stelle.
"Incontro tutti e parlo con tutti, poi rivendico il diritto e dovere di fare una proposta di centrodestra", continua a dire Salvini, che ha contatti con Renzi e ha riaperto il canale con il presidente del M5s Giuseppe Conte, da almeno fine novembre. L'altro forno è proprio quello che ha fatto irritare il Cav ieri. L'annuncio da parte del leghista ha agitato non poco il fondatore del centrodestra. Il fatto che, ancora prima del vertice di centrodestra, Salvini abbia lanciato la proposta "convincente per tanti se non per tutti", anticipando che svelerà nome e metodo lunedì, dando per scontato che Berlusconi non sarà più in campo non è andata giù dalle parti di Arcore.
Anche perchè il Cavaliere potrebbe anche rinunciare nel caso si rendesse conto della impossibilità della partita ma non è detto che faccia un passo indietro per lasciare spazio a una figura 'minorè del centrodestra. Altro forno che il capo leghista sembra agitare per accertarsi di essere della partita in ogni modo.
Salvini dice chiaramente che la Lega è al governo e ci sarà. Sottinteso: non mollerà anche nel caso di un trasloco di Draghi al Colle. E sembra usare la candidatura avversa per avere potere di contrattazione nella definizione dell'esecutivo che verrà. La formula che indica - quella del governo dei leader - finora non ha incontrato il favore degli altri partiti di maggioranza che però hanno aperto all'ipotesi di un governo politico. In attesa di una decisione di Berlusconi è anche Giorgia Meloni. "La priorità è scegliere tutti insieme nel centrodestra", non fanno che ripetere dalle aperti di via della Scrofa.
"Se Berlusconi scegliesse di non concorrere, se lui dovesse rinunciare, penso che comunque il centrodestra abbia il diritto e il dovere di avanzare una o più proposte, e in quel caso anche FdI farebbe la sua parte", ha rivendicato Meloni. "Oggi il nome che è emerso è quello di Berlusconi. Lui sostiene che ci siano altre persone pronte a sostenere la sua candidatura, è la verifica che dovremo fare. Giovedì nel vertice credo che si avranno le idee più chiare, e anche Berlusconi le avrà ma per me è fondamentale che il centrodestra sia compatto".
E se alla fine si dovesse convergere su Draghi e con un accordo a 'pacchetto unicò su Colle ed eventuale patto di legislatura sul governo, come sembrano chiedere i partiti di maggioranza, il rischio è che Fratelli d'Italia resti fuori dalla partita.