AGI - Nel centrodestra la partita ora è sui tempi della ‘verifica’ dei numeri a sostegno della candidatura di Berlusconi al Quirinale.
Lega e FdI hanno ieri ufficializzato, insieme alle altre forze della coalizione, la sponda al Cavaliere, riconoscendone il valore ma sottolineando più che altro che questa volta non tocca al Pd suggerire o imporre un nome. Ma il partito di via Bellerio e Fratelli d’Italia spingono affinché l’ex premier sciolga la riserva al più presto.
Il ‘timing’ fissato è per giovedì, quando i leader dell’alleanza torneranno ad incontrarsi a villa Grande. Si ragionerà intanto su cosa fare alle prime tre votazioni e non è detto che si arrivi a proporre di votare scheda bianca.
Gli alleati dell’ex presidente del Consiglio, sempre se il nome del Cavaliere dovesse rimanere in campo fino al fischio d’inizio della partita del Colle, potrebbero chiedere di verificare la ‘squadra’, con una candidatura di bandiera oppure optando con uno stratagemma proprio sull’operazione Cav, differenziando le modalità di votazione sul suo nome.
“Ma – spiega un ‘big’ del centrodestra – non possiamo arrivare alla quarta votazione al buio”. Subire una sconfitta equivarrebbe – questo il ragionamento – a perdere potere contrattuale. E magari doversi poi ‘aggiustare’ sulla (eventuale) candidatura di Draghi, se il Pd – che non esclude alle prime quattro votazioni di disertare l’Aula per evitare il rischio di franchi tiratori, soprattutto nel Movimento 5 stelle - dovesse lanciarla, nell’impasse.
Intanto oggi Salvini ha voluto stoppare qualsiasi operazione in campo per il premier o per l’attuale Capo dello Stato Mattarella. “Sarebbe una mancanza di rispetto” per entrambi, la tesi. Avvalorata da un’aggiunta: tocca al centrodestra “l'onore e l'onere di avanzare una proposta”.
Sulla stessa lunghezza d’onda FdI. Il partito del Nazareno oggi, con la riunione della direzione e dei gruppi parlamentari, ha di nuovo ribadito che la candidatura di Berlusconi è la più divisiva possibile. Con Letta che è fermo sulla necessità di salvaguardare l’immagine del presidente del Consiglio.
Del resto, al di là di qualche resistenza a sinistra, i dem non escludono affatto di spendere, qualora fosse possibile, il nome dell’ex numero uno della Bce. Ma dovranno eventualmente convincere il Movimento 5 stelle, dove il muro contro l’ipotesi che sia il presidente del Consiglio il successore di Mattarella è più granitico.
La partita dunque è ancora aperta. Berlusconi per ora non molla la presa ma cercherà soprattutto di capire cosa faranno i suoi alleati per aiutarlo a conquistare i voti necessari.
Anche perché il ragionamento del Cavaliere, confidato ai suoi, non fa una piega: ma come posso darvi garanzie? Pensate sul serio che qualcuno esca allo scoperto per dire che vota Berlusconi? Siete voi che dovete aiutarmi a trovare i voti.
Insomma un conto è che i numeri arrivino con i voti segreti, un altro è che spuntino alla luce del sole. L’ex presidente del Consiglio sta riflettendo se andare lunedì a Strasburgo per la commemorazione di Sassoli, ma è concentrato soprattutto sul 'dossier Quirinale' (nel tentativo di convincere pentastellati e gli ex M5s) e sulle mosse di Lega e FdI.
Mentre Forza Italia si divide sul ruolo assunto da Sgarbi e da chi – dice un esponente azzurro – “si sta approfittando della partita del Colle per rientrare nelle grazie dell’ex premier”.
Nelle chat 'azzurre' la nota di ieri è stata accolta con “un evviva il presidente”, ma resta lo scetticismo sulla possibilità che si registri su Berlusconi una convergenza in Parlamento. Per questo motivo la tesi è che, in mancanza dei numeri, Berlusconi potrebbe non ufficializzare mai la sua candidatura e vestire invece i panni del kingmaker, ruolo che si è ritagliato però Salvini.
Infine, c’è la variabile del posizionamento dei centristi. Formalmente sono a sostegno dell’ex premier ed, eventualmente, lo saranno fino alla fine.
Ma l’attrazione verso il premier Draghi (“magari per entrare poi in un nuovo governo”, azzarda qualcuno che nel centrodestra sta studiando le mosse di Coraggio Italia) è forte. Così come è forte la voglia di proporzionale. Del resto Letta non ha chiuso all’ipotesi di un cambio della legge elettorale.