AGI - L'esito del vertice di centrodestra non arriva certo come un fulmine a ciel sereno. Che Silvio Berlusconi stesse preparando il terreno per un via libera degli alleati alla sua corsa al Quirinale era notizia nota da settimane.
Ma il centrosinistra forse non si aspettava, o almeno era questa la speranza, che Matteo Salvini e Giorgia Meloni acconsentissero a scriverlo nero su bianco in una nota ufficiale, lanciandone di fatto la candidatura, tanto più dopo quelle che erano state lette come 'aperture' nei giorni scorsi da parte del leader leghista e, soprattutto, dopo i ripetuti avvertimenti sul netto no al nome del Cavaliere lanciati sia dal Pd che dal Movimento 5 stelle.
Dunque, la reazione a caldo di Enrico Letta e Giuseppe Conte è di totale chiusura: "No a nomi divisivi", ribadisce il leader dem, mentre fonti del Nazareno lasciano filtrare "delusione e preoccupazione".
Ancor più categorico il leader M5s: "E' per noi un’opzione irricevibile e improponibile. Il centrodestra non blocchi l'Italia", afferma.
Sulla stessa linea Leu: "La candidatura di Berlusconi è francamente irricevibile ed è l'esatto contrario di quello che servirebbe in questa difficile e complessa fase della storia nazionale", sostiene il capogruppo Federico Fornaro, che poi esplicita il pensiero comune degli alleati: è una "decisione che complica il percorso e rappresenta un macigno posto deliberatamente dal centrodestra sulla strada maestra di una ricerca condivisa di un Presidente della Repubblica".
Non è tenero nemmeno il commento di Carlo Calenda, che imputa al centrodestra e allo stesso Berlusconi "mancanza di senso del limite". Poi mette in guardia: "Si vuole andare incontro a una crisi di Governo?".
E mentre al centrosinistra, per il secondo giorno consecutivo, non sfuggono le parole di Gianni Letta, storico consigliere del Cavaliere, che prima alla camera ardente e poi in occasione dei funerali di David Sassoli insiste sulla necessità che "il clima di serenità e di valutazione degli interessi generali, del bene comune, prima di ogni altra cosa, sia la guida", nel centrodestra si chiede comunque al leader azzurro di sciogliere definitivamente la riserva e, in particolar modo, di dare garanzie sui numeri.
Perchè è vero che il centrodestra ha più chance, pallottoliere alla mano, ma da solo non arriva a toccare quota 505, ovvero la maggioranza assoluta richiesta dal quarto scrutinio in poi, e gli occorrono almeno una cinquantina di voti aggiuntivi, senza considerare i possibili franchi tiratori.
Ed è proprio sul 'fattore numeri' che si concentra il segretario dem: "Nessuno di noi può permettersi scelte totalizzanti, non c'è uno che può imporre ad altri la sua idea". Per poi ribadire la linea: "Il candidato deve essere unitario e non divisivo. Non deve essere un capo politico ma una figura istituzionale".
Del resto, per Letta la "convergenza è obbligatoria". Per Matteo Renzi quella di Salvini e Meloni è solo tattica: "Vedremo se la prossima settimana fanno sul serio oppure no", dice ancor prima che inizi il vertice del centrodestra.