AGI - Sette e non più sette, nel senso più letterale del termine. Sergio Mattarella ha già spiegato in tutti i modi, diretti e indiretti, che non intende fare il bis da presidente della Repubblica, nonostante ancora alcuni osservatori ne discutano come di un'ipotesi non definitivamente tramontata.
Davanti agli ambasciatori come parlando alla Sapienza, consegnando ufficialmente il palazzo San Felice di via della Dataria per farne un museo come e congedandosi da Papa Francesco, il Presidente non ha fatto mistero di volere concludere il suo impegno seguendo alla lettera la Costituzione e di non voler prendere in considerazione l'idea di una rielezione.
Anche sugli ultimi passaggi i costituzionalisti stanno dibattendo su quali siano i precisi tempi di uscita del Presidente dal Quirinale. C'è chi ritiene che il 3 febbraio sia la data ultima e insuperabile del mandato, chi invece ritiene possibile una proroga di qualche giorno in attesa dell'elezione del successore, nel caso gli scrutini si susseguano oltre tale data.
Ovviamente se il successore venisse eletto prima del 3 febbraio, il Presidente procederebbe alle cosiddette dimissioni di cortesia, per permettere al prossimo inquilino del Quirinale di entrare in carica senza attendere troppo a lungo per l'insediamento che avviene solo dopo il giuramento sulla Costituzione pronunciato nell'aula della Camera.
Ma se le votazioni proseguissero invano anche oltre la data ufficiale di fine mandato che succederebbe? Al Quirinale, da tempo, sembra vigente la prassi, confermata dall'attuale presidenza, che indica nel 3 febbraio la data ultima. Dopo la quale il Presidente lascerebbe il Palazzo e al suo posto (ma con sede a palazzo Giustiniani) il Presidente del Senato farebbe le sue veci fino a elezione del nuovo Capo dello Stato. Insomma, il 3 febbraio è la data ultima, poi il settennato finisce.