AGI - La decisione di Sergio Mattarella di allontanare la prospettiva di una rielezione al Colle era in qualche modo aspettata da chi sta tessendo, dietro le quinte, la tela sul voto di febbraio. Eppure, proprio chi punta ad evitare che si aprano spazio sul voto anticipato faceva - e fa ancora in realtà - affidamento sull'attuale Capo dello Stato. Che il presidente della Repubblica possa essere disponibile è ormai considerata ipotesi estrema dal momento in cui Mattarella oggi si è posizionato sulla linea dei predecessori.
"Anche Giovanni Leone, come Antonio Segni, era contrario alla immediata rielezione del presidente della Repubblica e, parallelamente, all'istituto del semestre bianco", ha detto la prima carica dello Stato. Rilanciando di fatto la palla ai partiti affinchè facciano scelte responsabili nell'interesse del Paese. E proprio in questa prospettiva che chi ritiene Mario Draghi la figura adatta per assicurare un settennato nel segno dell'europeismo più convinto ha tratto ulteriore ispirazione. In realtà la nebbia - è convincimento comune tra 'poenes' e 'big' - diventa ogni giorno più fitta. Perchè il fronte 'pro Draghi' al Colle nelle ultime settimane si è assottigliato sempre di più, sulla spinta della maggioranza di deputati e senatori che teme le urne.
Nel centrodestra l'azzurro Giacomoni cita una canzone di Vasco Rossi ("Sono ancora qua") per lanciare la volata a Berlusconi che ai fedelissimi ha più volte ripetuto di non essere candidato ma allo stesso tempo si è detto lusingato, soprattutto se arrivasse "un regalo inaspettato". Gli azzurri che gli hanno parlato sono convinti che manchino una quarantina di voti all'appello ma anche se la ministra Mara Carfagna garantisce la compattezza di FI nella partita, occorrerebbe che convergessero sull'ex premier i voti dei moderati.
E non è solo Iv a frenare. E mentre nel Pd c'è il convincimento che 'la sindrome dei 101' che affossarono Prodi sia ormai alle spalle, anche le manovre in campo europeo - l'operazione dem che sta valutando l'ingresso M5s nel gruppo dei socialisti e l'ingresso, di conseguenza di Calenda nel gruppo in Renew, dove è presente Renzi - potrebbero avere uno sbocco nella partita del Quirinale.
"Noi puntiamo a spaccare il Movimento 5 stelle", dice senza mezzi termini un 'big' renziano. Sullo sfondo resta l'interrogativo sulle reali intenzioni del presidente del Consiglio che oggi, all'assemblea Anci a Parma, sulla scia di quanto detto ieri ha acceso un faro sulle riforme e sul Pnrr, convinto della necessità che le forze politiche debbano pensare alle priorità sul tavolo. Ma è proprio nel nome dell'agenda Draghi che cominceranno nelle prossime settimane le manovre portate avanti dai centristi in Parlamento.
La tesi è che la battaglia futura sarà tra chi crede che con l'arrivo a palazzo Chigi dell'ex numero uno della Bce sia cambiata totalmente la politica senza che ci sia più differenza tra centrodestra e centrosinistra e chi, invece, crede che dopo Draghi debba ritornare il bipolarismo. La partita sulla legge elettorale resta in 'stand by'. Manca ancora tempo, ma Mattarella che, tra l'altro, in un altro passaggio, nel ricordare l'ex presidente Leone, ha ricordato che "la solitudine è co-essenziale alla funzione di presidente della Repubblica, ma nessun uomo è solo se sceglie la libertà e l'obbiedienza alla propria coscienza", ha inviato un segnale che lascia i partiti di fronte ad un dilemma da risolvere. Con la difficoltà a trovare, anche per i tanti voti non 'controllati', la convergenza su una figura adatta a prendere il testimone del Capo dello Stato.