AGI - Forza Italia rischia di spaccarsi alla Camera, poi in extremis la frattura si ricompone, almeno ufficialmente. Perchè sotto traccia, spiegano diverse fonti azzurre, il malessere resta, così come resta una diversa visione della linea che il partito dovrebbe tenere sia sul governo che come posizione politica negli equilibri di coalizione, tanto più dopo l'esito delle elezioni amministrative che hanno consegnato al centrodestra un bottino ben magro, fatta eccezione - viene rimarcato - per i candidati forzisti che, invece, hanno vinto.
A fungere da detonatore del malessere che cova da alcune settimane è l'elezione del nuovo capogruppo a Montecitorio, dopo che Roberto Occhiuto è stato eletto alla guida della Regione Calabria.
Un'assemblea movimentata, 'scossa' dal duro j'accuse della ministra Mariastella Gelmini, che invoca - posizione condivisa dagli altri ministri azzurri e dall'ala cosiddetta 'governista' - un ritorno a pieno regime di Silvio Berlusconi al timone del partito, partito che deve riconquistare la leadership all'interno dell'alleanza e smetterla di appiattirsi su posizioni che nulla hanno a che vedere con la stessa storia di Forza Italia: non è più il tempo dei falchi, è la sintesi.
Ma è proprio l'intervento del Cavaliere, che in una lettera designa Paolo Barelli quale nuovo presidente dei deputati azzurri, a sparigliare e acuire i malumori. Barelli alla fine viene letto per acclamazione, ma gli strascichi di quanto accaduto sono destinati, è la convinzione di alcuni azzurri, a lasciare il segno.
È da giorni che si è aperta la spaccatura interna al gruppo di Forza Italia alla Camera, divisioni culminate in un documento sottoscritto da 26 deputati (un terzo del gruppo) compresi i tre ministri Renato Brunetta, Gelmini e Mara Carfagna, in cui si chiedeva di procedere all'elezione del nuovo capogruppo con scrutinio segreto.
Una novità per Forza Italia. I firmatari sostenevano la candidatura di Sestino Giacomoni, da sempre tra i bracci destri dell'ex premier. L'ala invece cosiddetta 'sovranista', ovvero più dialogante con i leghisti, era per la candidatura di Barelli, sostenuta anche da Antonio Tajani.
In mattinata, prima dell'avvio dell'assemblea del gruppo, è circolata la voce - non confermata - secondo cui Berlusconi, tornato dopo mesi di assenza ieri sera a Roma, avrebbe preso parte alla riunione. Ma al posto del Cavaliere - nel frattempo impegnato nel vertice a tre con Salvini e Meloni - è arrivata la sua lettera, con tanto di designazione di Barelli quale successore di Occhiuto. "Ci ha spiazzati", confida nel più stretto anonimato un big azzurro. "Era già deciso così, nessuna imposizione a sorpresa", spiega invece chi non ha sottoscritto il documento.
Brunetta non ci sta e chiede che si proceda comunque con il voto a scrutinio segreto. A quel punto Giacomoni annuncia il ritiro della sua candidatura (un gesto per favorire la conicliazione ed evitare spaccature, viene spiegato).
Prende la parola Gelmini, e non usa giri di parole per chiarire come la pensa e quali sono i nodi da sciogliere: la ministra, ripercorrendo gli ultimi mesi che hanno portato alla formazione del governo Draghi e alla scelta di sostenerlo da parte di FI, ha puntato il dito contro chi avrebbe "riferito al leader una realtà distorta: Berlusconi - ha detto Gemini secondo quanto filtrato dalla riunione - a causa del Covid non ha potuto vivere in prima persona la stagione politica, gli eventi, se li è sentiti raccontare e ha avuto solo una parte della verità, una parte del racconto, non ha avuto una rappresentazione onesta e trasparente di quello che stava succedendo", è l'affondo della ministra, secondo cui al Cav è stato raccontato che "i ministri sono diventati 'draghiani' e non più berlusconiani, gli è stato raccontato - sono state le parole di Gelmini - che ci saremmo venduti e invece, proprio perchè amiamo Forza Italia e non ci rassegniamo al declino che stiamo vivendo diciamo che o reagiamo adesso o non lo faremo mai più. L'ultima stagione del berlusconismo non mi rappresenta e non rappresenta neanche Berlusconi".
Gelmini ha quindi concluso: "In Forza Italia ci sono sempre stati falchi e colombe ma questo francamente non è periodo di falchi, se non vogliamo che Forza Italia si riduca in un cortile per dieci eletti, spiegando che la linea politica da seguire è quella di Mara Carfagna, non di altri, una linea moderata, europeista, con cultura di governo, ma è una linea che Tajani ha rinunciato a rappresentare".
La ministra del Sud non è intervenuta, ma ieri, a commento dei ballottaggi era tornata a spiegare quanto professa da tempo: “Valorizzare i risultati che stiamo ottenendo al governo; scommettere sulle nuove speranze degli italiani anziché sulle loro vecchie rabbie: è questa la strada. La convinzione mia è che la richiesta prevalente sia stabilità, riforme, serenità dopo l’angoscioso biennio dell’epidemia”. C'è chi racconta di un incontro richiesto dai governisti con l'ex premier e poi saltato (o mai convocato), chi invece parla di una telefonata chiarificatrice che, però, poi non avrebbe sortito reali effetti.
Dura la replica di Giorgio Mulè: quelle di Gelmini sono "parole irreali, ingenerose e non veritiere nei confronti di Forza Italia e soprattutto del presidente Berlusconi".