AGI - Neanche il tempo di festeggiare una vittoria, anzi un "trionfo", che Enrico Letta si deve rimettere al lavoro. Non solo con il suo ritorno all'attività legislativa, dallo scranno della Camera vinto alle suppletive di Siena. Ma anche e soprattutto nell'impresa di "federare" un "campo largo". Così largo da comprendere forze che vanno dai Cinque Stelle a Carlo Calenda.
Sulla carta, qualcosa di molto simile all'alchimia con cui si pretendeva di trasformare il ferro in oro. "Siamo per le sfide impossibili, questo è il nostro mantra. Mission impossible, come Tom Cruise", scherza il segretario in mattinata.
Il leader di Azione, Carlo Calenda, ha continuato a intimare l'altolà alle tentazioni di Nuovo Ulivo durante tutta la campagna elettorale e ricomincia dopochiusura dei seggi: "Attenzione Enrico Letta, la sconfitta di sovranisti e populisti risulterà vana se continuerete a dare ossigeno ai 5S e a non capire che la frattura oggi è tra elettorato responsabile, democratico ed europeista e chi cavalca disagio e paure. A destra e a sinistra".
Parole che trovano orecchie attente anche dentro al partito, da chi lavora per evitare che il Pd "si sbilanci a sinistra" sacrificando la sua anima riformista. Un braccio di ferro che nel Pd non si è mai davvero interrotto.
Lo stesso Goffredo Bettini, sponsor del "campo largo" e del rapporto priviligiato con Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle, spiega che "il Movimento 5 Stelle rappresenta un elettorato tradizionalmente diffidente rispetto al cosiddetto Palazzo. Se dovesse 'crollarè molti suoi sostenitori ripiegherebbero su posizioni radicali, improduttive e marginali. Altri guai per la tenuta democratica. Conte", aggiunge Bettini, "è all'inizio del suo lavoro, va incoraggiato. Il suo impegno e la sua propensione unitaria sono indispensabili per rafforzare l'alleanza di progresso".
Gli ostacoli davanti al segretario del Pd
Se, da una parte, Letta ha come interlocutore un M5s che cerca faticosamente di ripartire, dopo la 'rivoluzionè interna del nuovo Statuto e l'elezione a presidente di Giuseppe Conte, dall'altra c'è un'Italia Viva che, per dirla con Carlo Calenda, "rischia di diventare la versione Toscana dell'Udeur".
Se, infatti, "compito delle forze liberali è trovare una sintesi", per farlo "occorre essere netti sul rapporto tra politica e business/lobby e sul rinnovamento della classe dirigente", avverte Calenda. "Non si può stare con Miccichè e Cuffaro in Sicilia e con Fico a Napoli. Altrimenti non è la versione italiana di Renew ma la versione Toscana dell'Udeur".
A frenare sulle voci che vogliono Renzi pronto a fare il grande salto, almeno in Sicilia, è il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi che, interpellato dall'AGI, sottolinea: "Miccichè confonde i suoi desideri con la realtà: non c'è nessuna adesione di Italia Viva e di Renzi nel centrodestra, nè ora nè alle prossime amministrative".
Nonostante queste difficoltà, il leader dem ci crede. Enrico Letta sa che la rinascita del Partito Democratico è destinata a portarsi dietro una larga fetta di elettori dalle sensibilità politiche più diverse.
Un esempio di questo processo si è visto proprio in occasione dei ballottaggi: "Abbiamo ascoltato gli elettori e gli elettori sono più avanti di noi. Gli elettorati si sono fusi, saldati e hanno consentito la vittoria del campo largo. Invito tutti a seguire l'indicazione che ci è venuta dagli elettori che hanno oltrepassato gli steccati. Il lavoro del federatore, la sua pazienza, dà risultati ovunque".