AGI - Un quadro politico completamente stravolto quello che emerge dal voto di domenica e lunedì, con il centrodestra a riconoscere di non aver fatto bene i conti e, forse, di aver ancora bisogno di un federatore come Silvio Berlusconi, e il centrosinistra a scoprire che insieme si vince, in barba a mugugni e resistenze interne ai partiti. Enrico Letta è il primo vincitore della competizione: eletto alla Camera nel collegio di Siena e, soprattutto, investito sul campo del ruolo di federatore di quel 'campo largo' che per il leader dem è l'unico strumento per battere le destre alle politiche del 2023.
La nemesi del Pd
"Mi sento di dire che il segretario del Pd è il federatore del centrosinistra, ma lo direi anche se il segretario fosse un altro, perché il Pd è il baricentro di una grande coalizione politica", spiega Letta che si toglie anche la soddisfazione di sferzare le destre sottolineando come "senza un federatore" della caratura di Silvio Berlusconi "non vincano". È la nemesi del Pd, dopo anni in cui i dem si sono sentiti apostrofare come "divisi" e "senza guida".
Mea culpa di Salvini
Una tesi che sembra trovare conferma anche nelle parole dei leader della coalizione di centrodestra. Salvini riconosce di essersela giocata male: "Abbiamo offerto troppo poco tempo per presentare i candidati", dice il segretario leghista riferendosi alla tribolata scelta dei candidati sindaci in città importanti come Roma e Milano: "Non possiamo perdere altri mesi di tempo per questioni interne", aggiunge.
L'incognita Cinque Stelle
Non che la strada per il Pd e il centrosinistra sia spianata. Se è vero che la vittoria di oggi cuce addosso a Letta l'abito del federatore, è pur vero che Giuseppe Conte potrebbe rivendicare presto quello stesso ruolo. I Cinque Stelle sono i grandi sconfitti di questa tornata elettorale ma, per paradosso, la sconfitta potrebbe rafforzare la leadership dell'ex premier.
Il ruolo di Conte
È stato Conte a guidare il 'partito interno' al M5s che lavorava agli accordi con il centrosinistra, contro lo stesso avviso di una parte non residuale del partito. Laddove questo lavoro ha prodotto risultati, come a Napoli, si è vinto e si è vinto bene. Altrove si è perso malamente. La sindaca uscente della Capitale non arriva al ballottaggio, attestandosi attorno al 20 per cento. A Milano e Torino va anche peggio alle candidate M5s che hanno tentato la fuga in solitaria. Segno che 'strappare' non paga.
Letta tira dritto
Per questo l'appello di Letta è a continuare su questa strada. "Il Cinque Stelle va bene quando è in coalizione con noi, poi voglio vedere meglio i dati", fa notare Letta: "è un percorso di convergenza che credo sia abbastanza naturale". E anche il capo delegazione del pd al governo, Andrea Orlando, sottolinea che il voto di oggi "ci dà una grande responsabilità perchè oggi siamo nelle condizioni di costruire una prospettiva per il futuro, un campo largo, che dove siamo riusciti a realizzare ci ha fatto vincere al primo turno".
Allargare il campo
Di questo campo largo, nelle intenzioni di Enrico Letta, dovrà fare parte anche Carlo Calenda, la vera spina nel fianco del Pd in questa tornata elettorale, colui che avrebbe potuto escludere il Pd dal ballottaggio a Roma. "A Calenda parlerò di futuro, perchè le nostre strade dovranno convergere. Il mio compito è di convincere tante persone a stare insieme", spiega Letta, "con sfumature differenti, ma l'unità e la convergenza è l'unico modo per una coalizione progressista che sia vincente e Carlo Calenda è un interlocutore". L'ultimo e, forse, il più importante elemento che il segretario del Pd sente di poter trarre dai risultati del voto di domenica e lunedì riguarda il governo.
Gli effetti sul governo
"Questa vittoria del centrosinistra rafforza l’Italia perché rafforza il governo Draghi", sottolinea Letta: "L'Italia è più europea oggi, la nostra vittoria è una vittoria anche per l'Europa, che è il nostro punto di riferimento fondamentale". Su questo occorrerà, tuttavia, attendere i processi iniziati nel centrodestra ancor prima dell’apertura dei seggi elettorali. E capire se avranno la meglio le pulsioni di lotta o quelle di governo.