AGI - Ci sono almeno tre schemi sui tavoli della politica italiana, e non solo, che disegnano il futuro istituzionale del nostro Paese. I leader politici li stanno valutando, spostando le loro pedine, ipotizzando scenari futuri e soppesando pro e contro. Il momento di passaggio sarà a gennaio, quando comincerà ufficialmente il “grande gioco” dell’elezione del presidente della Repubblica, una volta terminato il settennato di Sergio Mattarella. Ma il primo banco di prova saranno le elezioni amministrative dell'autunno in diverse città simbolo, a cominciare da Roma e Milano.
Uno schema si potrebbe soprannominare ‘squadra che vince non si cambia’. C’è infatti chi, anche in qualche cancelleria straniera e a Bruxelles, vorrebbe mantenere lo status quo, dunque Mattarella al Quirinale e Draghi a palazzo Chigi, fino alla fine della legislatura, nella primavera del 2023, per garantire anche sui mercati internazionali la conclusione dell’attuazione della parte più importante dei progetti del Pnrr. Per questo però il Capo dello Stato dovrebbe accettare un nuovo mandato al Quirinale, mentre ha già fatto sapere che a suo avviso sette anni possono bastare. Chi lavora a questo schema pensa poi a un ruolo europeo per il premier dopo il 2023.
Il secondo schema prevede l’elezione di Mario Draghi al Quirinale già nel gennaio 2022. A palazzo Chigi potrebbe essere nominato un premier di continuità, mentre altri pensano a elezioni anticipate. Ma si avrebbe la garanzia, cercata da alcuni partiti e da alcune cancellerie straniere, di una guida presidenziale salda per sette anni a prescindere da come andranno le prossime elezioni politiche. Un sorta di garanzia che l’Italia non uscirà mai dalle linee tradizionali di politica estera e di allineamento, anche economico, con la Ue.
Il terzo schema si sta facendo strada da qualche settimana ed è un mix dei precedenti. Secondo chi ci sta lavorando, al Quirinale dovrebbe essere eletta una personalità terza, super partes, che garantirebbe tutte le forze politiche. E alle elezioni si potrebbero presentare sostanzialmente due schieramenti: il centrodestra da un lato e una coalizione guidata da Draghi dall’altro.
I ‘ma’ sono tanti, ovviamente. A cominciare dalla disponibilità dei diretti interessati, Mattarella e Draghi in primis: il Presidente finora ha spiegato di non volersi concedere un bis, il premier non ha mostrato di voler ‘scendere in politica’. Poi ci sono da valutare lo scenario europeo e internazionale, le convenienze dei partiti e la situazione economico-sociale del Paese. E, a misurare la temperatura alle forze politiche, ci sarà in autunno una tornata di elezioni amministrative che potrebbe cambiare non poco le carte in tavola. Per questo gli schemi, che al momento sono tre, potrebbero aumentare, mutare, unificarsi. Il “grande gioco” del Quirinale, come tutti sanno, dura mesi e riserva spesso, nei giorni delle votazioni in Parlamento, grandi sorprese per tutti.