AGI - Il 23 luglio del 1993 l'Italia evitò una crisi come quella greca, senza neppure poter contare su Euro ed Europa. Quel giorno il governo di Carlo Azeglio Ciampi e le parti sociali (imprese e lavoratori) firmarono il "Patto per la politica dei redditi e lo sviluppo". A quel patto, quasi 28 anni dopo, si ispira il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, quando spiega: "Vorrei proporre al governo e alle forze politiche, alle parti sociali che si faccia un grande patto, un patto per la ricostruzione del nostro Paese. Facciamolo a partire dalle forze politiche che oggi sostengono il governo Draghi. Credo che Mario Draghi abbia tutta la forza per farlo", dice Letta che poi sottolinea: "Ora è il momento di fare come Ciampi fece nel 1993. Da quel momento il debito pubblico cominciò a scendere".
Per capire fino in fondo a quale passaggio si riferisce il segretario dem occorre andare un po' più indietro del 23 luglio 1993. Esattamente un anno prima, infatti, un difficilissimo accordo dai contenuti inediti e restrittivi, firmato dal governo presieduto da Giuliano Amato e dai sindacati, fermò la speculazione sulla lira, ma non riuscì ad evitarne la svalutazione del 30% nel mese di settembre. Ne seguì il prelievo forzoso del sei per mille dai conti correnti degli italiani e la finanziaria 'monstre' da 93mila miliardi di lire.
Con l'accordo del 1992 cominciò la discussione sulle politiche strutturali da introdurre per ridurre un debito enorme e in continua crescita, per abbattere un'inflazione superiore al 5%. Nell'aprile del 1993 il governo Amato, travolto da Tangentopoli e dal referendum che favorì l'introduzione in Italia del sistema elettorale maggioritario, si dimise. Il nuovo governo guidato da Carlo Azeglio Ciampi riprese e accelerò la trattativa introducendo anche il tema della regolazione della redistribuzione e della coerenza dei comportamenti contrattuali con il rispetto dei diritti collettivi e degli obiettivi macroeconomici rivolti a ridurre rapidamente debito e inflazione e nel contempo a rispettare i parametri, introdotti nel Trattato di Maastricht, per poter entrare nel gruppo di Paesi che avrebbe adottato la moneta unica. Il negoziato si concluse positivamente il 3 luglio.
Dopo una vastissima consultazione referendaria, promossa dai sindacati, il 23 luglio tutte le parti firmarono quell'insieme di norme che diede vita alla stagione della politica dei redditi. Negli anni successivi quelle norme vennero lealmente e puntualmente applicate e rispettate da tutti i firmatari. I risultati furono straordinari. Il debito e l'inflazione crollarono, l'economia tornò a crescere, la redistribuzione si fece più equa, vennero rispettati i parametri di Maastricht ed entrammo così, sei anni più tardi, nel 1999, nel sistema dell'Euro. In 12 mesi il paese passò dal "dramma incombente" al sistema "di relazioni virtuose".