AGI - “Uso un esempio sportivo e mi scuso con chi non lo apprezza. A Roma serve un Iniesta non un Cristiano Ronaldo. Una persona che sappia stimolare, orientare e valorizzare il lavoro di coloro che le sono intorno. Persone che dovrebbe cercare tra le più preparate e competenti nelle materie che sono loro affidate e non tra chi è propenso a dire sì. Uno o una regista, non un capo solitario. Una persona che guardi tutto il campo e tutta la partita”.
A parlare con l’AGI è Luca Bergamo, per quattro anni e mezzo vicesindaco di Roma con delega alla Cultura, più di un braccio destro per Virginia Raggi che il 22 gennaio di quest’anno l’ha messo alla porta dopo mesi di grande freddo. Licenziato in tronco, dalla sera alla mattina, con due righe di tante grazie per il lavoro svolto. “È pesata una mia intervista (al Corriere della Sera, ndr) di agosto – racconta Bergamo a mente freddissima - intervista nella quale criticavo il percorso scelto dalla sindaca per un conquistare un secondo mandato, con un annuncio alla stampa, peraltro senza che fosse preceduto da una riflessione condivisa. Dicevo che quell’annuncio non creava le condizioni per una rielezione: divideva invece di unire. Suggerivo un percorso per superare i limiti del modus, che non ha accolto”.
Sono passati meno di due mesi da quel rumoroso addio, ma lo scenario politico è oggi tutto nuovo. Le elezioni amministrative, tra cui la corsa per il Campidoglio, sono state rinviate all’autunno, causa Covid. Al governo del Paese non c’è più Giuseppe Conte, che invece è arrivato alla guida del Movimento 5 Stelle, causa ottimi sondaggi. Da pochi giorni il Partito democratico non ha più un segretario, causa le dimissioni, improvvise e rumorosissime, di Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio e – da sempre - critico convinto di Virginia Raggi e della sua decisione di correre per un secondo mandato.
Quello di ottobre sarà il primo appuntamento elettorale dopo la nascita del governo Draghi e a pandemia, speriamo tutti, più sotto controllo di quanto non sia oggi. Un’occasione imperdibile, anche sulla sponda di centrosinistra, per ripensare uomini e programmi.
Dice Bergamo: “Tra poco sapremo se si realizza quello che mi aveva spinto a impegnarmi con i Cinquestelle nel governo di Roma: l’incontro tra esperienze politiche che condividono valori, ma la storia, necessità reali, pregiudizi e errori aveva messo l’una contro l’altra. La scelta di affidare a Giuseppe Conte la guida del M5S e l’affermazione definitiva della linea Zingaretti da segretario, rappresentata dalla successione di Enrico Letta o dalla conferma di Zingaretti stesso, dicono che forse si crea un nuovo campo politico per l’Italia. Nulla di facile o scontato ma un possibile campo, aperto e formato anche altri soggetti, che mette l’ecologia e la dignità della persona al suo centro. Se questo incontro si realizza, le prossime elezioni amministrative sono la prima occasione per proporlo agli elettori e dargli consistenza in termini di visione, proposte e protagonisti. Non solo a Roma”.
La candidatura di Raggi potrebbe-dovrebbe tornare in discussione?
“Lo scenario prevedibile a ottobre è molto diverso da quello dello scorso agosto, quando la sindaca Raggi decise di lanciare la sua ricandidatura, ma anche da quello di un mese fa. Ne ero convinto prima, ora lo sono doppiamente: bisogna togliere i nomi dalla discussione e confrontarsi sulle cose. Azzerare le candidature, discutere insieme e scegliere insieme senza veti né prelazioni a giugno. Se poi non sarà possibile scegliere insieme, almeno il primo turno sarà una competizione tra alleati, non uno scontro tra avversari. Ma bisogna puntare a scegliere insieme”.
Di quale tipo di sindaco avrebbe bisogno Roma?
“Una persona che guardi tutto il campo e tutta la partita - il tempo lungo e il mondo largo - senza perdere di vista le cose vicine, i problemi di ogni giorno, cioè che è consapevole del valore del primo tocco per un’azione che si conclude lontano da sé e rende visibile questa connessione. Una persona che pensi a costruire il passaggio di consegne a una nuova generazione e non sia convinta che la sola soluzione dei problemi dipenda dal proprio protagonismo. Una persona consapevole delle profonde implicazioni di queste parole di Papa Francesco “non viviamo un’epoca di cambiamento ma un cambiamento d’epoca” e delle responsabilità che da questo punto di vista gravano sulle città e sui loro governi, in tutto il mondo”.
La città ha bisogno di una nuova identità, di un nuovo progetto?
“La pandemia ha accelerato trasformazioni che immaginavamo sarebbero accadute in decenni. Che succede nel settore dei servizi con l’estensione dello smart-working? Quali ricadute sulle relazioni sociali se lo smart-working coinvolgerà stabilmente tantissime persone? Ancora: che fine fanno i luoghi di lavoro che non servono più, del tutto o in parte? E le attività commerciali nate per servirli? Lo svuotamento o il cambio d’uso di tanto patrimonio immobiliare trasforma quartieri interi. Come rilanciare Il turismo cambiandolo? Se a perdere il lavoro sono soprattutto le donne, dove finisce l’eguaglianza di diritti che non esiste senza realizzare la parità di genere? E i giovani?”.
Bergamo ha lavorato su Roma negli anni Novanta e poi nei primi del nuovo millennio con i sindaci Rutelli e Veltroni, poi con Raggi dal 2016. Il suo ‘pallino’ è sempre stato il coinvolgimento della società civile nella ‘costruzione’ dell’azione politica. “Mi piace pensare che coinvolgendo la sconfinata comunità scientifica e universitaria, i movimenti che parlano di futuro oltre che le tradizionali espressioni di interessi legittimi, Roma sappia conquistarsi un futuro degno del suo migliore passato. Ma bisogna liberare queste forze in uno spazio che non sia compresso dalla necessità di schierarsi con questo o quell’altro”.
Guardando indietro, alla fine della sua esperienza nella giunta Raggi, c’è una cosa che lei non rifarebbe?
“Non ho pentimenti. Piuttosto ci sono cose che vorrei aver fatto e non sono riuscito a fare o finire. Per esempio la riapertura del Planetario che spero si faccia per l’estate, regole per consentire a gruppi civici di gestire insieme alla sovrintendenza il patrimonio culturale minore diffuso nelle periferie. Un grande rammarico è aver perso, almeno fino ad ora, la battaglia per un nuovo regolamento che consentisse l’uso di parte del patrimonio immobiliare del Comune a scopi culturali e sociali, riconoscendone la natura di bene comune”.
Una cosa che lei chiederebbe al governo Draghi per Roma?
“Che sia subito pienamente Capitale, magari metropolitana, con poteri e risorse adeguate a disposizione del Sindaco/a che verrà”.