AGI - "Un fulmine a ciel sereno", dicono quasi in coro li esponenti di spicco della segreteria dem. Certo, Nicola Zingaretti, non aveva fatto cenno all'intenzione di dimettersi, ma nelle ultime ore i segni di una certa sofferenza per i continui bombardamenti era emersa con chiarezza. Tanto che, appena ieri sera, un dirigente di primo piano confidava all'AGI: "Così è impossibile andare avanti".
Ora, la partita che si apre per il partito democratico è tutt'altro che semplice. I primi a chiedere le dimissioni di Nicola Zingaretti sono stati gli esponenti di Base Riformista con il capogruppo al senato, Andrea Marcucci, in prima fila. L'area che fa capo al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e a Luca Lotti si è data una linea improntata al silenzio. Non è un mistero, tuttavia, che gli esponenti di spicco della corrente, assieme ai sindaci Giorgio Gori e Dario Nardella, guardino al governatore dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, come al candidato ideale, tanto che nell'ultima assemblea dell'area si è fatto riferimento a un "candidato esterno" all'area.
E, formalmente, Bonaccini non è iscritto a Base Riformista. Prima di prendere in considerazione altre candidature, tuttavia, occorre attendere alcuni passaggi formali. Intanto, Zingaretti ha annunciato che nelle prossime ore, fra stasera e domani, consegnerà la sua lettera alla presidente del partito, Valentina Cuppi. Poi, la palla passerà all'assemblea già convocata per il 13 e 14 marzo. In quella sede, il Parlamentino dem dovrà decidere se accogliere o meno le dimissioni.
Su questo, alcuni dirigenti di primo piano si stanno già esprimendo. "Abbiamo sulle spalle non solo il destino del Pd, ma una responsabilità più grande nei confronti di un Paese in piena pandemia. Il gesto di Zingaretti impone a tutti di accantonare ogni conflittualità interna, ricomponendo una unità vera del partito attorno alla sua guida", scrive Dario Franceschini lasciando così la porta aperta a una soluzione non conflittuale della impasse. Più esplicito il vice segretario, Andrea Orlando che parla "di attacchi ingiustificati e ingenerosi" contro il segertario: "la sua è una scelta che credo implichi e richieda uno scatto e una risposta unitaria: penso che unitariamente occorra chiedere a Zingaretti di ripensare alla sua decisione".
Anche l'ex ministro, Peppe Provenzano, è sulla stessa lunghezza d'onda: "Nicola Zingaretti ci ripensi, l’assemblea del Pd respinga le dimissioni del segretario. Ci ripensino anche quelli che, in queste ore, hanno logorato il Pd. Siamo in gran tempesta, serve un nocchiero e un equipaggio. Anche per discutere, insieme, di come cambiare a fondo". Se l'assemblea respingerà le dimissioni, sarà lo stesso Nicola Zingaretti a dover decidere se rimanere segretario o se andare avanti nel suo proposito. Se dovesse decidere di rimanere, lo farebbe forte di una nuova e più forte legittimazione, dato che anche le armi di chi ne chiedeva un passo indietro e invocava il congresso si rivelerebbero spuntate. In ogni caso, stando a quanto si apprende, al momento l'intenzione di Zingaretti sarebbe quella di andare avanti per la strada indicata nel post su Facebook.
Nel frattempo, il segretario dimissionario si consola con le centinaia di mail arrivate al Nazareno e a cui sono allegate centinaia di firme con l'hashtag #iostoconzingaretti e #zingarettiresta. In massa, stando a quanto viene riferito, si muovono anche i segretari di circolo, eletti sui territori, segretari regionali, segretari provinciali e di federazione a sostegno del segretario. E l'ex premier Giuseppe Conte scrive su Twitter: "Le dimissioni di Nicola Zingaretti non mi lasciano indifferente. Seguo con rispetto e non intendo commentare le dinamiche di vita interna del Partito Democratico. Ma rimango dispiaciuto per questa decisione, evidentemente sofferta". Un tweet che in poche ore ha raccolto oltre 100 mila like.