AGI - “Io sono disponibile a discutere di tutto ma nel segno della funzionalita' degli interessi generali e non delle singole parti delle forze di maggioranza". Ed ancora: “A me interessa trovare soluzioni ma qualsiasi altra soluzione che non sia nell'interesse del Paese non mi riguarda". Il premier Giuseppe Conte fissa i ‘paletti’. Il limite oltre il quale, fa capire, non è disposto ad andare.
Bene discutere di tutto, il confronto sui temi divisivi all'interno del fronte giallo-rosso continuerà nel merito ma il premier non avallerà idee o compromessi che a suo dire non facciano il bene degli italiani. Dopo la ‘due giorni’ di confronto a palazzo Chigi il presidente del Consiglio traccia una sorta di bilancio dal salotto di 'Porta a porta'. Scongiurata una crisi sotto l’albero di Natale ribadisce qual è il suo orizzonte.
“Rispondo al Parlamento, ho la fiducia delle forze di maggioranza e rispondo al Paese”, taglia corto. In quest’ottica il Capo dell’esecutivo entra nel merito delle questioni sul tappeto. La prima: la cabina di regia sul ‘Recovery plan’. Non ci sara’ una ‘governance’ che si sostituira’ ai ministri, “non c’e’ mai stata” ma una struttura di monitoraggio “serve”, ce lo chiede l’Europa e potrebbero servire anche i manager perchè “abbiamo una capacità amministrativa di spendere risorse pubblica molto modesta”.
La seconda: la delega sui Servizi. La legge attribuisce al presidente del Consiglio “la responsabilità giuridica, operativa e politica”, per quanto riguarda l'Intelligence, “anche avvalendomi di una mera facoltà di nominare una autorità delegata, non mi potrei sottrarre a questa responsabilità". E poi l’avvertimento: “Se vogliamo costituire, sarebbe una anomalia in Italia, una struttura bicefala, dove c'e' una forza politica che pretende e rivendica un'autorità delegata sarebbe una grave compromissione dell'operativita' dell'intero comparto”.
La terza: il Mes. “Possiamo fare tutti i discorsi del mondo ma i 36 miliardi ci porterebbero ad accumulare deficit, quindi ricadrebbero sul debito pubblico. Non possiamo lasciare un fardello sulle generazioni future”. La quarta: il rimpasto con la possibile nomina di due vicepremier. “Non posso alimentare un chiacchiericcio. I partiti non mi hanno chiesto niente. Ho detto che ho i migliori giocatori in campo. Qualcuno si e' offeso, ma dobbiamo portare rispetto a chi dall'inizio della pandemia ha affrontato delle sfide lavorando giorno e notte”.
Ed infine la conclusione: “La crisi non e' nelle mie mani. Ho sempre chiarito che si va avanti se c'e' la fiducia. Non una fiducia astratta e collettiva, ma di tutte le forze". Il premier fa capire di non avere alcun timore: “Non mi considero il migliore del mondo. Sono fungibile, sono sostituibilissimo”. La priorità è comunque il ‘Recovery’: “Non possiamo disperdere le risorse: se non riusciremo in questo intento questo governo se ne deva andare a casa, con ignominia. Lasciamo perdere le crisi o le contro-crisi di governo", dice Conte.
Il premier vuole accelerare, “non possiamo indugiare” e dunque è necessario portare il documento in Cdm per poi recepire le indicazioni del Parlamento. Oggi è in corso un Cdm sul ‘Milleproroghe’, il 28 probabilmente ci sarà una riunione di governo sul ‘Recovery plan’. Ogni forza politica sta preparando il proprio documento che inviera’ a palazzo Chigi, ma è evidente che i fari sono puntati su Italia viva. Renzi non intende arretrare sui temi per i quali si è battuto in queste settimane.
Non per il rimpasto ma per il Mes, per la delega sui Servizi (“Deve andare ad un tecnico”) e soprattutto sulla questione della ‘governance’ del Recovery plan. Niente manager ma coinvolgimento del Parlamento, l’alt del leader di Iv. Un’exit strategy potrebbe essere quella di stringere ora sui progetti e sui capitoli di spesa per poi prendere tempo sulla cabina di regia. Nell’incontro che c’e’ stato ieri a palazzo Chigi il premier ha sottolineato con la delegazione di Iv che i cittadini si aspettano risultati, non bisogna tergiversare sui processi decisionali.
“Nei sistemi democratici non è che si fa proprio così. Conta anche il metodo”, gli è stato ribattuto. Momenti di duro confronto che testimoniano come il clima resti teso. Il primo passaggio cruciale è appunto sul piano che occorrerà presentare a Bruxelles a febbraio. I renziani daranno battaglia ma non dovrebbero frenare sui tempi, ovvero sull’ok entro fine anno. Se non si troverà un’intesa sulla ‘governance’ la questione dovrà essere accantonata, spiega una fonte parlamentare renziana.
Se il governo riuscisse a ‘scavallare’ gennaio, “la crisi potrebbe esserci a marzo o aprile”, prevede un altro ‘big’ di Iv. Insomma un punto di caduta ancora non c’è, anche se tra gli esponenti di Italia viva si continua a spingere sulla possibilità di un altro governo, magari guidato dall’ex numero uno della Bce Draghi. "Ritiro dei ministri? Tutto e' ancora sul tavolo, lo scopriremo solo vivendo", afferma Renzi, “questa volta non e' un gioco di palazzo perche' finchè c'e' la democrazia parlamentare in Parlamento si fanno e disfano governi. Ma stavolta la cosa è più semplice: il tema e' la possibilità di spendere soldi che non avremo mai più".
Il convincimento del senatore di Rignano è che se cadesse l’esecutivo comunque non si andrà a votare, anche perche’ M5s “non vuole”. E poi il ‘messaggio’ a Franceschini e a chi vuole che questo governo vada avanti a tutti i costi per evitare crisi al buio: “Se qualcuno pensa di minacciare il voto e' sbagliato, in democrazia il voto non e' una minaccia. Franceschini è il ministro della Cultura, si occupasse dei teatri chiusi. Non e' il Ribery della politica, e' Mattarella che ha quel ruolo li'".
Insomma nella maggioranza si continua a litigare. Tra veti e tatticismi. Con il Pd che tra l'altro non ha per nulla apprezzato la decisione del Movimento 5 stelle di sfilarsi dall'accordo di programma sulla Tav in Commissione Trasporti alla Camera e continua a chiedere al presidente del Consiglio un cambio di passo.
In Iv c’è anche chi ammette che i tempi per aprire una crisi sono stati sbagliati, che si poteva aspettare ancora e giocare di sponda con Pd e M5s per dare più forza ai partiti, ma il nodo in ogni caso dovrà essere sciolto. Lunedì ci dovrebbe essere un nuovo incontro della maggioranza, poi cominceranno i tavoli 'tecnici' al Mef. Nella nuova bozza sulla quale sta lavorando il governo sono aumentate, tra l'altro, le risorse per la didattica sulla scuola (si ripartirà il 7 gennaio con il 50% in presenza) ma sulla sanità resta la cifra dei 9 miliardi.
"Molti progetti sono trasversali", afferma il presidente del Consiglio, spiegando che ci sono almeno "15 miliardi di partenza" dedicati alla sanità "e io sono disponibile a rinforzare anche gli investimenti". E sul suo ruolo futuro Conte premette di non voler fare alcuna scommessa. Totalmente assorbito dagli impegni di governo ma quando finirà l'esperienza a palazzo Chigi Tornare all'avvocatura "e' una prospettiva che mi da una assoluta serenità e tranquillità".