AGI - Alessandro Di Battista continua a mettere paletti al Movimento 5 stelle che si appresta al confronto degli Stati generali. Alleanze, leadership, terzo mandato sono gli stop di Dibba che trova, dalla sua parte un agguerrito gruppetto di sostenitori, pubblicamente al suo fianco e contro l'alleanza con il Pd, il partner di governo dei pentastellati. Una fronda piccola ma con nomi di spicco come quello dell'ex ministra Barbara Iezzi e di Ignazio Corrao.
M5s con il Pd scenderebbe all'8%. Alle elezioni si va da soli
Se il Movimento Cinque Stelle andasse alle elezioni in coalizione con il Pd, prenderebbe l’8 per cento. Infatti se fossi un dirigente Dem farei di tutto per stare in coalizione con noi perciò rifiuto questa ipotesi", sostiene Di Battista .
"Dobbiamo andare alle elezioni da soli per poi decidere con chi andare al governo. Ma un conto è fare una trattativa stando al 33 %, un conto è farla con l’8%”, Sarebbe una 'morte nera' che si realizzerebbe anche in caso di un' alleanza "strutturale con la Lega", nota.
No al terzo mandato dei parlamentari, c'è una regola che non si tocca
Sul terzo mandato degli eletti, oggetto di dibattito interno al Movimento, Dibba chiarisce "Non sarebbe più il Movimento in cui mi ritroverei. Restare fermi a due mandati non è un’opzione, ma una regola fondativa del Movimento". E ancora: "Il Movimento si sta indebolendo perché sta tornando al bipolarismo. M5s è nato per ostacolare il bipolarismo che è il sistema più gradito all’establishment grazie al principio della finta alternanza e della spartizione di potere con le nomine".
Il nodo leadership, mai pensato di fare il capo
"Io avrei preferito che si nominasse un capo politico e so che una parte del Movimento è contraria perché teme che possa io ricoprire questo ruolo. E invece io non ho mai avuto particolare interesse a farlo. Un organo collegiale non mi scandalizzerebbe, e anche qui io non ho alcun interesse a farne parte. A me interessa capire qual è l’agenda politica del Movimento per i prossimi dieci anni", puntualizza.
In 9 con Di Battista
"E' arrivato il momento di fare una scelta di campo, se non ora mai più. Questi due anni e mezzo di governo hanno segnato un momento cruciale per il Movimento 5 Stelle" che "tra il 14 e il 15 novembre dovrà scegliere in quali vesti presentarsi agli elettori e abbiamo deciso di lavorare insieme ad Alessandro Di Battista per l’agenda 20/30". E' quanto si legge in una nota firmata da Bianca Laura Granato, Luisa Angrisani, Barbara Lezzi, Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato, Ignazio Corrao, Mari Muscarà, Anna Lucia Grimaldi, Eleonora Evi, parlamentari, amministratori e attivisti del Movimento 5 Stelle.
Ritronare all'identità del Movimento
come gruppo sentiamo la necessità di riprendere i valori identitari del Movimento 5 Stelle e vogliamo continuare a contribuire alla crescita di quel laboratorio di idee a cui da più di dieci anni il Movimento ha dato vita per costruire un sistema alternativo a quello neoliberista monocolore, fuori dall’ipocrisia delle ideologie di facciata, per realizzare quel sogno che ci unisce a 11 milioni di italiani di una società in cui nessuno rimane indietro, in cui la sostenibilità ambientale, la scuola pubblica, la sanità pubblica, le piccole e medie imprese, il diritto al lavoro, gli interessi di tutti i cittadini sono l’obiettivo su cui si concentra l’attività istituzionale", spiegano gli esponenti M5s.
No ad alleanze strutturali con il Pd, ma il governo non è in discussione
"Lo sconcerto che ha prodotto in noi l’ipotesi ventilata da alcuni di legare il Movimento strutturalmente ad un partito di establishment come il Pd, ci ha spinto ad assumere una posizione pubblica, a fare una scelta di campo, pur senza mettere in discussione il sostegno al governo", aggiungono i nove. "Facciamo questo per senso di responsabilità, non certo per spirito di contraddizione o di contrapposizione a qualcuno. Ci si confronta sul piano delle idee e delle opinioni, mai su quello personale quando si fa parte della stessa squadra", si legge ancora nella nota.
"Non possiamo dimenticare che l’impegno politico che abbiamo assunto di fronte ai nostri elettori il 4 marzo 2018 era su temi che per lo più andavano a contrapporsi alle misure introdotte dal partito Democratico nella precedente legislatura. Questo accordo di governo già limita fortemente il raggiungimento di quegli obiettivi politici, ancor di più dell'accordo raggiunto nel Conte 1 sia per effetto del numero delle forze politiche coinvolte che per la modalità che ci pone in una posizione di pariteticità anche con chi rappresenta appena lo 0, 2% dell’elettorato", osservano. Mentre, non mancano di osservare, "sarebbe stato più costituzionalmente legittimo individuare una formula che rispecchiasse il peso delle rappresentanze politiche nelle due Camere, senza dimenticare che, se abbiamo avuto perdite di parlamentari, in molti casi è dipeso anche da questo".
Nati per opporci alla casta
"Legarsi strutturalmente ad un partito di establishment significa, inutile negarlo, necessariamente doverne adottare le metodologie (poltrone e non temi), conformarvi gli intenti e soprattutto, cosa ancora più grave, mandare agli undici milioni di elettori che ci hanno dato fiducia il 4 marzo 2018 il messaggio devastante che nessun cambiamento in Italia è possibile, perché anche chi era nato per opporsi alla 'casta', diventato anch’egli casta, ritiene che ciò che fino a ieri era il male peggiore, oggi sia il miglior partito possibile.