AGI - “Hanno ascoltato le Regioni, finalmente, il metodo è cambiato”. È il giudizio del governatore della Liguria Giovanni -Toti su come il governo s’è comportato nel varo del’ultimo Dpcm. Anche se, dice subito dopo in una intervista al Corriere della Sera, “non ci sono grandi cose, però almeno questa volta c’è stata una collaborazione con noi, una ricerca di condivisione, un approccio diverso rispetto all’ultima volta in cui ci è stato inviato il testo e ci è stata data mezz’ora per le modifiche”. Insomma, “stavolta siamo stati consultati, ci sono stati tre giorni di incontri, e alla fine è stato deciso quello che avevamo chiesto”.
Tutto bene, dunque? Toti ammette che c’è stato un cambio di strategia e dà ragione a Conte “quando dice che oggi non possiamo permetterci un lockdown nazionale”, molto “meglio misure più soft da applicare ovunque e interventi mirati a livello locale con sindaci e presidenti di Regione che possono decidere chiusure più restrittive a seconda delle emergenze”.
Quanto poi all’obiezione che così facendo si rischia però di scaricare la responsabilità di scelte, anche sbagliate, su sindaci e governatori, il governatore ligure obietta: “No, è l’approccio giusto: io sono più contento invece perché noi amministratori locali conosciamo meglio il territorio e sappiamo come muoverci e affrontare le singole criticità. E poi è vero che oggi non siamo come in aprile, siamo molto più attrezzati per affrontare l’epidemia”.
Unico defici, sottolinea Toti, “le risposte sul personale”, in quanto “mancano infermieri, medici. Molti bandi sono andati deserti, ma non si può offrire un contratto a tempo determinato ad un medico specializzato in un paesino sperduto”. E propone: “Per alcune categorie professionali vanno sbloccati i contratti a tempo indeterminato e su questo le risposte non sono ancora arrivate”.