AGI - "Un italiano che ha servito il Paese". Sergio Mattarella ricorda Francesco Cossiga, suo predecessore, a dieci anni dalla scomparsa e, all'Università di Sassari, e mette in luce tutti gli aspetti più concreti, istituzionali e lineari della sua storia politica, dagli inizi nella Dc al Quirinale.
"Francesco Cossiga fronteggiò l’attacco alla Repubblica e difese le istituzioni democratiche con il consenso del Parlamento, nel rispetto dello Stato di diritto e cercando di preservare, come bene indispensabile, l’unità delle forze democratiche nella lotta al terrore e all’eversione". Poche parole da parte del Capo dello Stato per entrare nel vivo di un periodo che ebbe il suo culmine drammatico con la morte di Aldo Moro e che per Cossiga fu "un colpo tremendo e uno spartiacque. Come fu uno spartiacque nella storia della Repubblica".
Mattarella, ex giudice della Corte costituzionale, sottolinea che il Cossiga Presidente, descritto dai giornali come 'picconatore' e dall'Economist addirittura 'Lepre marzolina', esercitò invece le prerogative costituzionali con le qualità che derivavano dalla sua lunga esperienza, e anche con la puntualità di uno studioso di diritto. Ribadì, con lettera al Presidente del Consiglio incaricato Andreotti, i poteri che la Costituzione conferisce al Capo dello Stato nella nomina dei ministri e descrisse il vaglio presidenziale come non comprimibile". Ma soprattutto, pur chiedendo con forza e in una fase di cesura netta della storia, la riforma delle nostre istituzioni, riteneva che "nuocesse al Paese una visione che giudicasse le istituzioni esistenti fragili perché in attesa di riforma". "Le riforme istituzionali - disse nel tradizionale messaggio di fine anno nel 1987 - devono condurre all’obiettivo essenziale di promuovere la crescita della democrazia'" cita Mattarella.
Certo, Cossiga al Quirinale "non gradiva il ruolo di Presidente notaio", ma "ancor meno, aspirava a quello del Presidente 'imperatore'". E, ricorda con un eufemismo l'attuale inquilino del Colle, rivolse diversi "rilievi" "dapprima in modo assolutamente misurato e, via via, in modo più vivace". Ma, per lui, le riforme per far crescere la democrazia furono "un obiettivo che faceva tutt’uno con la 'nuova ed esaltante primavera della Repubblica', da lui auspicata in occasione del discorso di insediamento quale Capo dello Stato". Un discorso pronunciato ben prima di quel 1989 che segnò "la fine dell'equilibrio di Yalta" e dunque per l'allora presidente un inevitabile colpo anche al nostro sistema politico. Non a caso alla sua elezione contribuirono più di due terzi del Parlamento a esprimere una "volontà unitaria nel sostenere la Presidenza della Repubblica come presidio di coesione del Paese attorno ai valori della Costituzione".
Mattarella ha anche ricordato il suo dialogo con il Pci, da ministro dell'Interno, durante la stagione del terrorismo, che "pur tra robuste differenze, favorì in misura significativa quell’unità di popolo, indubbiamente decisiva per la vittoria sul terrorismo". E il suo essere profondamente cattolico ma fedele alla laicità dello Stato, il suo essere intrinsecamente antifascista, il suo essere stato formato al confronto anche duro ma sempre finalizzato alla ricerca di soluzioni concrete per "evitare conflitti laceranti" e far raggiungere al Paese un "maggiore benessere". Da presidente del Consiglio dimostrò con coerenza la sua convinzione che il pilastro della politica estera italiana fossero l'europeismo e l'atlantismo e aiutò il Paese ad "assumere responsabilità geostrategiche di rilievo".
Una figura complessa, dunque, quella di Cossiga nel ricordo di Mattarella, certamente un uomo politico tormentato, ma con una formazione e punti di riferimento ben saldi nella tradizione repubblicana, insomma, "un italiano che ha servito il Paese con tutta la forza di cui è stato capace".