AGI - Il nodo della composizione delle liste divide la maggioranza. In assenza di una intesa all'interno dei giallorossi - al momento lontana - il cammino della riforma elettorale subisce un nuovo stop, ed è stallo. In commissione Affari costituzionali si tornerà ad affrontare la questione tempi solo la prossima settimana, quando dovrebbe riunirsi l'ufficio di presidenza per fissare il termine per la presentazione degli emendamenti.
Il Brescellum rischia di slittare a gennaio
Ma già nella maggioranza si fa strada una nuova tabella di marcia, con tempi meno serrati: in Aula non prima di fine anno, se non dopo la sessione di bilancio a gennaio andando invece avanti con le altre riforme, è l'ipotesi più accreditata nelle ultime ore. Non solo: nella maggioranza c'è chi non esclude che si possa rimettere tutto in discussione, a partire dall'accordo siglato lo scorso autunno su un sistema proporzionale, anche se nel Pd viene esclusa questa eventualità.
Pesano, tuttavia, le criticità più volte ribadite da Iv, contraria a qualsiasi accelerazione, e i no netti di Romano Prodi e Walter Veltroni, così come non è da sottovalutare - si fa notare tra i giallorossi - la contrarietà di Lega e FdI, il cui ostruzionismo sta già rallentando l'iter della riforma Fornaro sui delegati regionali per l'elezione del capo dello Stato e la base elettiva del Senato (800 gli emendamenti presentati, poi ridotti dalle inammissibilità a circa la metà).
Zingaretti, il proporzionale non si tocca
Il Pd, però, non ci sta e il segretario dem, Nicola Zingaretti, che a ridosso del voto referendario aveva posto la legge elettorale come questione dirimente, torna a spingere sull'acceleratore, mettendo in guardia gli alleati: il testo del Brescellum non si cambia. "Nel Pd abbiamo discusso sei mesi per cambiare una pessima legge elettorale maggioritaria e c'è un punto di approdo - ricorda il leader democratico - Il testo è stato adottato, un proporzionale con una soglia al 5%. Non possiamo ripartire da zero ogni mattina, bisogna andare avanti e la legge adottata è ottima", scandisce.
Sembra far da sponda ai dem il premier Giuseppe Conte che, in un'intervista, osserva: "Tutti, nessuno escluso, hanno evidenziato la necessità di un progetto riformatore ampio che includa anche la riforma della legge elettorale. Questa esigenza non è venuta meno, anzi. Ora dobbiamo accelerare sull'iter già avviato in Parlamento". Dello stesso avviso il presidente della Camera, Roberto Fico, che sottolinea: "In commissione è stato adottato un testo base, si sta lavorando ed e importante arrivare a una nuova legge elettorale".
L'appello dei costituzionalisti contro le liste bloccate
Il testo base adottato in commissione con i soli voti di Pd e M5s (Leu e Iv non lo hanno votato), tuttavia, non affronta alcune delle questioni più delicate, ovvero la composizione delle liste: lunghe o corte? Listini bloccati? O si inseriranno le preferenze, come chiedono con insistenza i 5 stelle e su cui i dem non hanno finora aperto? A complicare il cammino della riforma arriva l'appello di dieci costituzionalisti contro le liste bloccate e una soglia di sbarramento eccessivamente alta. "Da troppo tempo le nostre leggi elettorali - spiegano - hanno imposto sistemi di liste bloccate e la proposta oggi in discussione in commissione Affari costituzionali non può rischiare di cadere nello stesso errore, nè in quello di privare molti elettori di rappresentanza con soglie troppo elevate". Dunque, "riteniamo essenziale favorire una effettiva scelta da parte degli elettori valorizzando i principi costituzionali, superando liste bloccate e candidature multiple", è l'auspicio dei costituzionalisti, tra cui figurano Lorenza Carlassare, Enzo Cheli, Ugo De Siervo, Roberto Zaccaria.
M5s e FdI a favore delle preferenze
Appello colto al volo dai 5 stelle, che rilanciano con forza le preferenze: "Basta candidati calati dall’alto e catapultati in cima a listini bloccati in collegi sicuri", sostiene la capogruppo pentastellata in commissione Affari costituzionali della Camera, Vittoria Baldino, che si rivolge ad alleati e opposizioni "affinché si lavori alla elaborazione del sistema migliore per rendere effettivo il sacrosanto diritto di scelta". La proposta, finora accolta molto tiepidamente dal Nazareno, fa discutere nel Pd. "Restituiamo la parola ai cittadini attraverso le preferenze o i collegi", dice ad esempio Gianni Pittella.
Un ritorno alle preferenze non convince Leu, che punta ad abbassare la soglia di sbarramento almeno al 4%, punto su cui non dovrebbero sorgere grossi problemi tra gli alleati di governo. Le preferenze piacciono invece a FdI, da tempo schierato per una loro reintroduzione, come ricorda Giorgia Meloni. E se la Lega al momento si tiene fuori dal dibattito, la legge elettorale rischia di creare fibrillazioni tra gli azzurri. Dopo l'apertura mostrata ieri da Mara Carfagna sul proporzionale, arriva oggi il niet della capogruppo Anna Maria Bernini, che ritiene "inaccettabile" un ritorno al proporzionale rilanciando invece il maggioritario, a cui replica Osvaldo Napoli che chiede una assemblea per discuterne dentro il partito. Mentre Francesco Paolo Sisto critica le parole di Zingaretti, giudicate una pietra tombale sull'auspicabile confronto con le opposizioni, e avverte: "Ci batteremo con tutte le forze per evitare questo scempio".