AGI - Non volendo dare ultimatum al governo, Nicola Zingaretti detta l'agenda, partendo da una considerazione che aveva già fatto in passato, ma che oggi ha un suono più pesante: "Sosteniamo il governo finchè questo fa le cose che servono a Paese". Nessun rimpasto di governo, come ribadisce il segretario, "non c'è alcuna rivendicazione di posti". Semmai la convinzione di poter incidere di più nell'azione di governo e, così facendo, rafforzare il partito e la coalizione. I circa trecento miliardi di risorse europee attendono solo di essere spesi e il Partito democratico, dopo la vittoria, è la forza politica più accreditata per indirizzare gli investimenti.
La 'lista Zingaretti', nella speranza dello stato maggiore dem, dovrebbe aprire quella che il segretario chiama la "Fase della concretezza". Va aperta, spiega, "una fase nuova all'insegna del fare e della concretezza", che passa dalle riforme per il superamento del bicameralismo perfetto - "abbiamo pronto un testo di legge che depositeremo a breve alla Camere", annuncia - e da una nuova legge elettorale, oltre a nuovi regolamenti parlamentari. Insomma, il pacchetto dell'accordo 'allegato' al taglio dei parlamentari su cui il Pd è determinato a dare battaglia in parlamento e fuori. A questo, poi, il segretario aggiunge la "riforma del sistema delle autonomie locali".
Il nodo più difficile da sbrogliare per Giuseppe Conte è però quello del Mes che vede il Movimento Cinque Stelle fieramente contrario. Il rischio di uno scontro interno alla maggioranza è ben presente a tutti gli azionisti del governo e il Pd ha fatto di quelle risorse europee una bandiera politica. Forte della centralità conquistata con le Regionali, il Partito Democratico può ora ritornare con più forza sul tema: "Non è questione Mes sì o Mes no", dice Andrea Orlando in conferenza con il segretario, "quanto se si vuole investire sulla Sanità pubblica oppure no". E qui Zingaretti infila la richiesta al ministro della Salute, Roberto Speranza, perchè presenti un "piano della nuova sanità italiana". L'obiettivo è quello di stanare il fonte dei contrari all'utilizzo del Mes mettendo in evidenza a quali servizi, innovazioni, benefici per i cittadini rinuncerebbe l'Italia se non chiedesse di accedere alle risorse del Meccanismo di stabilità europeo.
Un primo segnale da parte del presidente del Consiglio arriva pochi minuti dopo le parole di Zingaretti. Conte esce da Palazzo Chigi per raggiungere un centro congressi dalle parti di Piazza di Spagna. Un modo per prendere una boccata d'aria, certo. Ma anche per incontrare i cronisti che gli riportano le parole del leader dem: "Ci sarà un piano sulla sanità", conferma il premier, "poi andremo a vedere quanto costa. Il Mes è una questione pregiudiziale sulla quale non mi pronuncio. Anche io sulla sanità e sugli investimenti ho fretta", aggiunge.
Immediatamente dopo il Mes, viene il nodo dei decreti sicurezza. Il Partito Democratico, per ammissione del ministro Giuseppe Provenzano, chiede di cambiare i decreti Salvini "ad ogni Consiglio dei ministri", senza trovare orecchie pronte all'ascolto, soprattutto tra i Cinque Stelle. Uno dei fattori costato l'accusa di "subalternità" ai grillini da parte dei detrattori del segretario. Ora Zingaretti intende accelerare su questo punto, portando al tavolo di Palazzo Chigi una proposta concreta: dei decreti sicurezza che sostituiscano i decreti Salvini: "I decreti sicurezza ora vanno approvati, vanno fatti dei decreti sicurezza perché quelli di Salvini non lo erano. E' il momento di iniziare l'iter in Consiglio dei ministri e poi in sede parlamentare". E, anche qui, il premier risponde: "Le modifiche ai decreti sicurezza li portiamo al piu' presto" in Consiglio dei Ministri.
Resta da vedere quale sarà l'impatto del maggior peso del Pd sugli altri partiti di maggioranza usciti ammacati da questa tornata elettorale. Certo, il M5s "si consola con il referendum", come ha modo di sottolineare anche il premier. Ma resta la fase di incertezza e debolezza che il Movimento sta attraversando da mesi. C'è, poi, Italia Viva: Renzi cerca di valorizzare quanto di buono ha fatto vedere il suo partito, ma i numeri di Puglia e Toscana sono implacabili. Anche per questo Zingaretti cerca di non gettare sale sulle ferite e a chi gli chiede un commento ai risultati degli alleati risponde: "Sui nostri alleati devo rivendicare una cosa: ci sono state incomprensioni, ma con Italia Viva, M5s e Leu in questa campagna elettorale abbiamo lavorato benissimo, anche laddove non eravamo alleati. Non ho niente da aggiungere sulle valutazioni di ogni forza politica".
Caustico, invece, il vice segretario: "Noi crediamo che i partiti che considerano sottodimensionata la loro posizione, non si limitino a fotografare l'esistente, ma abbiano ambizione. Prendiamo per buone le parole che hanno sempre espresso sulla volontà di rafforzare i poli riformisti e liberali. Italia Viva, che in Parlamento ha una cospicua rappresentanza, ha sottoscritto un impegno e non ha mai riconsiderato quella posizione". Poi arriva o stop al M5s che, dopo il taglio dei parlamentari, tenta di rilanciare sul taglio agli stipendi degli eletti. "Credo che un po' la retorica dell'anticasta cominci a stufare e credo che forse Di Maio debba, se non rinnovare, almeno integrare il repertorio".