AGI - La penna o, meglio, la tastiera di Roberto Saviano contro il Partito Democratico: lo scrittore di Gomorra, prima su Twitter e poi con una intervista, sì è scagliato contro il gruppo dirigente del Pd a cui rimprovera di occuparsi "solo di cazzate", lasciando da parte temi come quello dei migranti. Accuse a cui il Pd risponde prima con Dario Franceschini, che parla di "questione di stile"; poi con Andrea Orlando, che ricorda come il Pd abbia più volte difeso Saviano dagli strali dei suoi denigratori, consigliando allo scrittore di "alzare lo sguardo" per capire che i dem stanno "difendendo le sue ragioni".
Le critiche a Zingaretti
Una prima avvisaglia dello scontro si è avuta l'8 settembre con due post in cui definiva il referendum sul taglio dei parlamentari l'ennesima dimostrazione che "la politica si occupa dell'inessenziale, poiché ha necessità di eludere la complessità". Subito dopo, il mirino di Saviano inquadra Zingaretti, bersagliato da altri post e dalle risposte dei follower dello scrittore: "E quindi, al referendum confermativo del 20 settembre, il Pd voterà Sì per la 'sopravvivenza del Governo'. Lo ha deciso - circostanza rara...probabilmente oggi pioverà - il Segretario Zingaretti". Infine, la sollecitazione dello scrittore al Pd: "Ma andate a cagare, voi e le vostre bugie".
La risposta dei dem
Parole che hanno generato stupore all'interno del gruppo dirigente dem che, in più di una occasione, si è schierato al fianco dello scrittore destinatario di insulti e minacce. "Sono un ammiratore di Saviano, l’ho sempre difeso quando per il suo impegno civile è stato aggredito", ricorda il vice segretario dem Andrea Orlando: "L'ammiro per il suo coraggio, per ciò che ha scritto e per come lo ha scritto, senza stereotipi e luoghi comuni.Non posso dire altrettanto dello stile delle sue considerazioni politiche. Ieri ha mandato 'a cagare' un partito politico e il suo segretario perché non lo aggradano.Oggi copre di insulti un ministro dello stesso partito perché si permette di difendere una comunità politica dai suoi insulti".
Questione di stile
Il riferimento di Orlando è al ministro Dario Fanceschini che, ancora prima del vice segretario, ha parlato di "questione di stile" commentando gli attacchi di Saviano. Lo scrittore si rimette davanti alla tastiera e, questa volta su Facebook - che si presta meglio ad interventi lunghi - scrive: "Quando penso all'idea di 'stile' mi viene in mente la carta bianca che l'ufficiale tedesco sventolava metaforicamente sotto il naso di Totò in un grandissimo film di tanti anni fa. Ecco, la mia risposta alle sue osservazioni, ministro Franceschini, è la stessa che diede Totò all'ufficiale tedesco, ma non la scrivo perché potrebbe urtare, ancora una volta, la sua sensibilità".
Orlando non ci sta
Insulti che "non sorprendono" Andrea Orlando, colpito invece dal "fatto che Saviano si produce in un esercizio che ha brillantemente descritto in molte occasioni". Poi, Orlando ammette che il Pd non ha "risolto tutto, c’è ancora molto da fare". E, tuttavia, aggiunge: "Il Pd in parlamento ha poco più del 10% dei seggi ma raccoglie il 90% per cento degli strali. Degli avversari, ca va sans dire. Degli 'amici' opinionisti, perché si 'poteva fare di più' e che nella fattispecie ci indicano la via della toilette, mentre siamo impegnati in una campagna elettorale niente male, per difendere anche le ragioni di chi la pensa come Saviano. Per fortuna ci sono tante persone che si sono accorte che un anno fa eravamo a Visegrad e ora siamo in Europa dove dobbiamo stare, aiutando l’Unione a cambiare. Basterebbe alzare un poco il capo per guardare che cosa è toccato a chi ha dovuto affrontare il virus sotto la conduzione della destra. Questo non cancella i limiti ma questo non può essere cancellato neppure dalla più indignata critica. Saviano può permettersi il lusso di non tener conto delle condizioni date. Forse l’Italia no", conclude Orlando.