AGI - Dopo l’appello del segretario del Pd Zingaretti a smetterla con i trucchetti, l’ex capo politico M5s, Di Maio, si dice pronto subito ad un passaggio sulla legge elettorale. Domani si terrà l’ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali di Montecitorio, ma per ora - a meno di sorprese - non ci dovrebbero essere novità.
Renzi disponibile a metà
Il Pd punta all’adozione del testo base e ad accelerare sull’iter degli emendamenti ma Italia viva è disponibile (non in questa settimana) alla prima ipotesi (astenendosi), ma non alla seconda. Ovvero c'è la disponibilità a ragionare nel merito - secondo quanto riferisce una fonte parlamentare renziana - ma si punta a fissare il termine degli emendamenti e quindi all’eventuale primo via libera del nuovo sistema di voto solo dopo il 20 e 21 settembre.
Iv sarebbe quindi contraria al mandato al relatore e al primo step in Commissione prima delle regionali e del taglio dei parlamentari, anche se il Pd è in pressing e non demorde. Sono in corso dei contatti e si sta lavorando ad un semaforo verde veloce anche sul sistema dei regolamenti.
M5S, dubbi e distinguo
Intanto le forze politiche continuano a discutere sul referendum sul taglio dei parlamentari.
Domani diversi parlamentari per il no terranno una conferenza stampa, tra questi anche la pentastellata Lapia. Al momento chi nel Movimento non si è adeguato alla linea ufficiale non ha ricevuto alcuna comunicazione di sanzioni in vista, ma i distinguo proseguono.
Se per Di Maio si tratta di "una riforma epocale” per il deputato Andrea Colletti il taglio "non è presente né nel programma elettorale del 2013 è nel programma del 2018 depositato presso il Ministero degli Interni e controfirmato da Di Maio”.
Il Pd si prende ancora una settimana
La posizione del Pd in merito alla riforma emergerà dalla direzione convocata per il 7 settembre ma dovrebbe essere confermato il sì condizionato agli altri ‘correttivi’ previsti, con il ministro per i Rapporti con il Parlamento D’Incà, che ha provato a sminare il terreno, assicurando che “nel corso della legislatura ci saranno altre riforme costituzionali”.
“Il taglio dei parlamentari responsabilizza gli eletti più di quanto avviene oggi. E la rappresentatività sarà sempre garantita, chi dice il contrario pone un falso problema", osserva il capo politico del M5S, Crimi.
"Vili poltronari"
A sostenere il sì al referendum pubblicamente per ora sono solo i pentastellati e Fratelli d’Italia, mentre cresce la spinta all'interno del Pd, in Forza Italia e nella Lega affinché sia adottata la linea della libertà di voto.
Berlusconi propende per il no ma si sta tentando una mediazione nel partito considerato che c’e’ un’ala azzurra che punta al sì; la posizione di Renzi è già nota mentre anche nel partito di via Bellerio, al di là delle parole di Salvini che ha detto di attenersi a quello che decideranno i cittadini c’è chi invoca una posizione più netta.
Ad aprire gli argini è stato il leghista Borghi ma altri sono tentati, per il no ci sarebbero anche alcuni ex ministri. Intanto tra i parlamentari pentastellati c’è chi non è d’accordo su alcuni toni utilizzati per propagandare il sì alla riforma e si fa l’esempio del senatore Licheri che su facebook ha definito “vili poltronari” chi perora la causa del no.