AGI - "Con questo taglio non ci sono pericoli". Sul Sì o il No al referendum sul taglio dei parlamentari si dice al momento ancora incerto su dove propendere, ma intanto critica le ragioni del No. In un'intervista al quotidiano "La Stampa" il costituzionalista Francesco Clementi dice che "questo testo, a differenza della riforma del 2016, è una riforma "secca", non organica, mentre ho sempre ritenuto utile una diversa ristrutturazione del bicameralismo e in quel quadro una riduzione del numero dei parlamentari". Affermazione dalla quale fa derivare la sua attuale incertezza, che si traduce in: questa alternativa "Aspettare che nei prossimi anni le forze politiche facciano una proposta organica oppure favorire una riforma incompleta, che tuttavia rompe la cappa di immobilismo?".
Tuttavia si sente di escludere che il voto al taglio dei parlamentari possa costituire un vulnus alla democrazia: "Evitiamo di gridare "al lupo, al lupo". Rimarremo un Paese democratico, comunque vada", afferma Clementi. E aggiunge: "La democrazia ha un costo e non bisogna vergognarsi a dirlo: contano le funzioni, non i costi". Poi sottolinea: "Una rappresentanza di qualità non la dà il numero dei rappresentanti, ma gli elettori con un voto attento". Ma aggiunge anche: "Servono riforme sistemiche, coerenti ed omogenee. Se vincesse il Si', dovrebbero essere approvati innanzitutto quei provvedimenti integrativi che già giacciono in Parlamento: dall'allineamento dell'età per l'eleggibilità a deputato e senatore; la riduzione dei delegati regionali per l'elezione del Capo dello Stato, per evitare squilibri nel voto; e il superamento della base regionale del Senato che, nell'impossibilità al momento di modificare il bicameralismo paritario, può contribuire pure a ridurre il rischio di due maggioranze diverse tra Camera e Senato. Un problema non da poco", rileva.
Ma tagliando i parlamentari si rischia di mandare in crisi il funzionamento del Parlamento? Alla domanda Clementi risponde cosi': "Senza altre e conseguenti riforme, in parte, si'. Per cui vanno ripensati i regolamenti parlamentari", tuttavia "il Senato indubbiamente ne soffrirebbe di più. Ma mai più di quel monocameralismo casuale che oggi registro: con una camera che, a turno, fa, e l'altra che approva a scatola chiusa. Altro che bicameralismo paritario", dunque.