AGI - Non si prospetta un passaggio agevole quello di venerdì del presidente dell'Inps, Tridico, in Commissione Lavoro a Montecitorio sul caso dei 'furbetti' del bonus destinato alle partite Iva. Perché se è vero che per ora Salvini ha detto di non voler chiedere le sue dimissioni, c'è un ampio fronte - da Forza Italia a Italia viva - che comunque ne invocherà un passo indietro.
La tesi di questo 'fronte' è che la caccia ai politici che hanno chiesto e ottenuto il bonus Covid dedicato alle partita Iva era partita da maggio, che i parlamentari ma anche i consiglieri regionali e comunali siano in qualche modo 'schedati', che ci sia una sorte di occhio vigile da parte dell'istituto, e soprattutto del comparto Anti-corruzione, su Camera e Senato. Si tratta di sospetti che viaggeranno parallelamente con l'istruttoria aperta dal Garante della privacy.
Ma l'apertura di Tridico alla divulgazione dei nomi in Commissione è servita a sbrogliare la matassa. Fonti parlamentari M5s riferiscono che i pentastellati nelle ultime ore hanno accelerato il pressing sull'istituto di previdenza, fatto sapere che non ci sarebbe stata alcuna copertura da parte del Movimento senza il semaforo verde alla lista di chi ha usufruito dei 600 euro. In ogni caso è stato il presidente della Camera, Fico, a vagliare il percorso insieme all'Inps per evitare che il caso dei 'furbetti' si prolungasse ancora di più.
"I parlamentari che avrebbero chiesto e ottenuto il contributo destinato a professionisti e lavoratori in difficoltà, dovrebbero scusarsi e restituire quanto percepito. È una questione di opportunità, dignità e rispetto, nonché di consapevolezza del ruolo che si ricopre", ha ripetuto la terza carica dello Stato.
Le novità sui nomi che hanno percepito il bonus dovrebbero quindi emergere venerdì durante l'audizione di Tridico ma il 'colpevole' del Movimento 5 stelle non è stato ancora individuato, considerato anche che quasi una cinquantina di pentastellati non hanno ancora consegnato la dichiarazione di rinuncia della privacy.
Confermati, invece, i nomi dei due esponenti della Lega: si tratta della piacentina Murelli e del mantovano Dara. Per quanto riguarda quest'ultimo sarebbe stata l'azienda di cui è socio ad aver chiesto e ottenuto i 600 euro ma i fondi non sarebbero stati transitati sul conto del leghista che, al pari della collega, è stato sospeso dal gruppo.
"Noi manteniamo una linea inflessibile, speriamo che lo facciano anche gli altri", ha spiegato questa mattina Salvini, anche se molti parlamentari leghisti ribadiscono sotto traccia che si è trattato di una 'leggerezza' e che occorre mettere fine al clima da caccia alle streghe.