AGI - Sono inammissibili i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, sollevati dal Comitato promotore del referendum, dalla Regione Basilicata, dal senatore Gregorio De Falco e dall’Associazione +Europa, riguardanti, sotto vari profili, il taglio dei parlamentari, il relativo referendum costituzionale e le elezioni regionali, per i quali sono state fissate le date del 20 e 21 settembre, il cosiddetto 'election day'. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, che domani depositerà le ordinanze con le motivazioni.
Il no ai ricorsi della Basilicata e del comitato promotore
Dopo la camera di consiglio svolta stamane, la Corte ha dichiarato inammissibile (relatore il giudice Giuliano Amato) il conflitto sollevato dal comitato promotore del referendum sul taglio dei parlamentari, relativo all'abbinamento delle due votazioni, disposto con il decreto elezioni. Il comitato promotore, spiega Palazzo della Consulta, "non ha legittimazione soggettiva" a sollevare questo conflitto dato che "la Costituzione non gli attribuisce una funzione generale di tutela del miglior esercizio del diritto di voto da parte dell’intero corpo elettorale".
Inammissibile (relatore Giovanni Amoroso) è stato dichiarato anche il ricorso presentato dalla Regione Basilicata con riferimento sia all'avvenuta approvazione definitiva, l’8 ottobre 2019, del testo di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, sia al Dpr del 17 luglio 2020 di indizione del referendum popolare confermativo. "La Corte - si legge nella nota della Consulta - in linea con la propria giurisprudenza, ha infatti escluso la legittimazione soggettiva degli enti territoriali, in generale, e della Regione, in particolare, perché non sono potere dello Stato ai sensi dell’articolo 134 della Costituzione".
"Incoerenti critiche alla legge elettorale"
Quanto al ricorso presentato dal senatore Gregorio De Falco nei confronti del Senato, del Governo e del presidente della Repubblica, i giudici costituzionali (relatore Nicolò Zanon) hanno ritenuto che "esponesse, in modo confuso e incoerente, critiche alla legge elettorale, alla riforma costituzionale, all’accorpamento delle consultazioni, all’utilizzo dei decreti legge e, infine, al procedimento di conversione in legge degli stessi, sovrapponendo argomenti giuridico-costituzionali tra loro ben distinti". Inoltre, "pur sostenendo la violazione di plurimi principi costituzionali inerenti sia il procedimento legislativo sia quello di revisione costituzionale - osserva Palazzo della Consulta, il ricorso non ha chiarito quali attribuzioni costituzionali del singolo parlamentare siano state in concreto lese nel corso di questi procedimenti": per queste ragioni, il ricorso De Falco è stato giudicato inammissibile.
Infine il conflitto promosso dall’associazione +Europa, che, come partito politico, contestava in particolare la previsione (contenuta nel dl 26/2020) che riduce a un terzo il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per presentare liste e candidature nelle elezioni regionali. Secondo +Europa, omettendo di prevedere, in favore dei partiti già presenti in Parlamento, una deroga all’obbligo della raccolta delle sottoscrizioni, il legislatore avrebbe leso le sue attribuzioni costituzionali in quanto partito politico. L’inammissibilità del conflitto (relatrice Daria De Pretis), conclude la Corte, "deriva dal difetto di legittimazione della ricorrente in base alla costante giurisprudenza costituzionale che nega ai partiti politici la natura di potere dello Stato".