(AGI) E' una tregua armata quella che si è raggiunta ieri tra Nicola Zingaretti e Giuseppe Conte. Il segretario ha incassato l'endorsement del premier sulle alleanze alle regionali, per arrivare all'appuntamento con candidati il più possibile unitari, fra tutte le forze della maggioranza che sostiene il governo. Rimane, tuttavia, l'esigenza di dare una spinta all'azione di governo secondo quello che per il segretario dem è diventato un mantra: "Il governo va avanti se fa cose".
Il leader dem è preoccupato che l'esecutivo possa prestare il fianco al centro destra su temi delicati come, ad esempio, la scuola. Di qui il rinnovato appello di Zingaretti ad investire e, soprattutto, a garantire una ripartenza in sicurezza che tuteli insegnanti e studenti. Tutte le energie possibili ora devono essere rivolte solo a un obiettivo: la scuola e l’università. Subito!", scrive il segretario su Facebook. L'imperativo è d'obbligo visto che per Zingaretti mai come in questo momento "il tempo è prezioso. Bisogna riprendere in piena sicurezza. Faccio di nuovo un appello per evitare al massimo il disagio legato agli appuntamenti elettorali, organizzando dove è possibile delle alternative". Proprio l'incertezza sulla ripresa dell'anno scolastico è il tasto su cui sta battendo il centrodestra a cominciare da Matteo Salvini. Diventa fondamentale, dunque, non scoprirsi sul fronte della scuola e dell'università, mondi tradizionalmente vicini al pd e al centrosinistra. "Bisogna organizzarsi affinché il corpo docente sia messo in condizione di insegnare. Bisogna investire affinché la crisi economica e sociale non butti fuori dal ciclo formativo milioni di giovani".
I nodi all'interno della maggioranza, tuttavia, non riguardano i soli vertici: i Gruppi parlamentari sono alle prese con gli ultimi aggiustamenti al dl semplificazioni atteso lunedì in Consiglio dei ministri. Ad agitare la maggioranza è soprattutto la norma che riguarda le gare sopra la soglia dei 5 milioni di euro. Si tratterebbe di agire in deroga a una normativa europea, una scelta poco oculata in un momento in cui Bruxelles ha riacceso i fari sull'Italia, potenziale destinatrice di fondi per centinaia di miliardi di euro. La Commissione europea ha infatti chiarito che si potrà andare in deroga sugli appalti legati all'emergenza sanitaria, ad esempio per la produzione di dispositivi medici o per la costruzione di ospedali, ma non per gare riguardanti cantieri e grandi opere. Uno scoglio simile si era presentato con le gare sotto la soglia dei 5 milioni di euro e il Pd era riuscito a far passare la linea dell'ok alle deroghe a patto che la platea di imprese partecipanti fosse abbastanza ampia da garantire la concorrenza e che fossero garantite trasparenza e sicurezza dei lavoratori. Più difficile, dicono fonti Pd, arrivare alla quadra sulle gare sopra soglia: se Liberi e Uguali sembrano posizionati sulla linea dei dem, M5s e Italia Viva sembrano convinti dell'esigenza di procedere con gare e commissariamenti in deroga alle direttive Ue. Una ipotesi che nei dem genera preoccupazioni per "la mancata coerenza con le regole Ue e per il rischio di fenomeni criminali" conseguenti i mancati controlli sugli appalti.
L'altro tema su cui la maggioranza potrebbe entrare in fibrillazione è quella della legge elettorale. Il Partito Democratico si sta muovendo, su questo, in perfetto sincro con i Cinque Stelle. "A noi la linea del Pd sta bene", dice un deputato del Movimento che si sta occupando della vicenda. Tuttavia, dentro i gruppi parlamentari, si è accesa la spia del 'freno a mano'.
Italia Viva era stata fra le prime forze politiche a spingere per l'accordo e, tuttavia, oggi Matteo Renzi rimette palla al centro indicando nel modello del Sindaco d'Italia l'unica soluzione: "Se vogliono mettere mano alla legge elettorale, per noi di Italia Viva il messaggio è molto chiaro: si faccia una legge maggioritaria, in modo che la sera delle elezioni si sappia chi ha vinto", scrive nella Enews.
Un'uscita che provoca l'immediata reazione del Pd: "Questo Governo esiste anche perché c'e' un accordo: taglio dei parlamentari e nuova legge elettorale a garanzia della dialettica democratica", sottolinea il deputato Emanuele Fiano: "Il taglio dei parlamentari si è votato, la legge elettorale no. Ne abbiamo già discusso per cinque mesi e Italia Viva ha proposto e sottoscritto l'attuale testo. Ora votiamolo in fretta". Sul tema interviene anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme, Federico D'Incà, lanciando l'appello affinchè "tutti rispettino i patti". Tra i dem e i parlamentari M5s ci si dice certi che alla base della mossa di Renzi ci sia la preoccupazione che il sistema previsto dall'accordo interno alla maggioranza stipulato mesi fa - sistema proporzionale con sbarramento al 5% - possa precludere la rappresentanza di Italia Viva in Parlamento. E questo nonostante lo stesso Renzi vada ripetendo da settimane di non essere preoccupato dai sondaggi che danno il suo partito sotto il 3%: "I sondaggi", è il refrain del senatore, "vanno presi con le molle".
Una uscita inaspettata, tanto più che da settimane Renzi aveva assunto un atteggiamento di maggiore collaborazione con il governo e, a detta di un esponente M5s, "un feeling particolare con il presidente del Consiglio". Un rapporto di stretta collaborazione instaurato dopo l'incontro fra i due. E il sospetto, in ambienti M5s, è che proprio da quell'incontro sia scaturita una nuova strategia di Conte che spiegherebbe anche l'inattesa apertura a Forza Italia. Insomma, è il ragionamento che si fa nel M5s, "Conte, sentendosi sicuro dell'affidabilità di Pd e M5s, si copre anche alla sua destra, stringendo i rapporti con Renzi e sondando il terreno dalle parti di Berlusconi". La parole del premier hanno aperto una vespaio all'interno dei gruppi: "Oggi le chat dei parlamentari erano infuocate", rimarca un deputato.