AGI - È il seggio più ambito, perché testimonia l’impegno a “illustrare la Patria”, è un club decisamente esclusivo che ha accolto solo 47 ‘soci’ in 71 anni, eppure in tre non hanno voluto farne parte: Arturo Toscanini, Nilde Iotti e Indro Montanelli. La carica di senatore a vita, di cui si parla nuovamente in questi giorni per la richiesta di FI di una nomina per Silvio Berlusconi, è disegnata dalla Costituzione all’articolo 59 per aprire le porte di Palazzo Madama alle menti più colte e di maggiore esperienza del Paese.
Attualmente i senatori a vita sono sei: Giorgio Napolitano in quanto ex presidente della Repubblica, Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia, nominati da Napolitano, e Liliana Segre, nominata da Sergio Mattarella. I nominati sono dunque già cinque e questo di fatto blocca l’arrivo di nuove personalità sugli scranni del Senato.
L’articolo 59 della Costituzione recita: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Oltre ai nominati sono senatori a vita di diritto gli ex presidenti della Repubblica.
Questo istituto è il risultato di un lungo dibattito svoltosi nell’assemblea costituente sul profilo e la formazione che avrebbe dovuto avere la seconda Camera tra gli esponenti di sinistra che volevano un Senato esclusivamente eletto dal popolo ed esponenti moderati che sognavano un Senato arricchito per un quarto da personalità di spicco non legate alle dinamiche politiche. Alla fine si giunse alla mediazione: sarebbero stati cinque i senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica.
Sul numero, i Presidenti hanno sempre rispettato la lettera del dettato costituzionale, interpretando in cinque le nomine massime possibili per la presidenza della Repubblica. Oltre ai presidenti emeriti, dunque, dal 1949 al 1980 non sono mai stati più di cinque i senatori che sedevano contemporaneamente nell’emiciclo di palazzo Madama.
Sandro Pertini prima e Francesco Cossiga poi interpretarono invece l’articolo 59 della Carta considerando che ogni singolo Presidente potesse nominare cinque senatori a vita. Pertini nominò Leo Valiani, Eduardo De Filippo, Camilla Ravera Calo Bo, Norberto Bobbio; Cossiga scelse Giovanni Spadolini, Gianni Agnnelli, Giulio Andreotti, Francesco De Martino e Paolo Emilio Taviani.
Ne ‘I presidenti della Repubblica’ edito dal Mulino, Barbara Randazzo spiega che la rottura della prassi ultradecennale non è da leggere come segno della “elasticità dei poteri presidenziali ma piuttosto come uno degli elementi sintomatici della diversa interpretazione del ruolo presidenziale” assunta da Pertini e Cossiga.
Per ripristinare la lettura restrittiva della Carta, Oscar Luigi Scalfaro non nominò nessun senatore a vita e spiegò la sua decisione ricordando a tutti di aver partecipato al dibattito dell’Assemblea costituente: “la chiarezza della norma costituzionale non consente altra interpretazione se non quella che indica nel numero massimo di cinque i senatori a vita di nomina presidenziale.
Pur nel doveroso rispetto di interpretazioni estensive avvenute in passato, che portavano a cinque le nomine di competenza di ciascun Presidente della Repubblica, il Capo dello Stato ritiene per se doveroso attenersi alla interpretazione iniziale che non consente di superare il numero complessivo di cinque senatori a vita”.
E a questa interpretazione, in coerenza con i primi cinque presidenti, si sono attenuti anche Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Quest’ultimo in una intervista alla Stampa spiegò: "La Costituzione prevedere la possibilità e la facoltà di nominare un numero massimo di cinque senatori a vita, e ci sono state molte dispute sul significato da dare a questa espressione. Qualcuno l’ha interpretata come la possibilità che ogni presidente ne potesse indicare cinque, e così facendo ci sono stati momenti in cui è lievitato in numero dei partecipanti all’Assemblea. L’interpretazione da tempo riconosciuta come corretta è una sola: i senatori a vita possono essere cinque in tutto". Una linea da subito adottata anche da Sergio Mattarella che infatti ha nominato solo Liliana Segre per ricoprire l’unico seggio vacante.
Un secondo dibattito costituzionale si è svolto per brevissimo tempo sulla titolarità delle nomine, ma già Luigi Einaudi chiarì che il governo non aveva nemmeno la facoltà di proporre i nomi delle personalità da nominare, ed ormai è convinzione concorde che la nomina dei senatori a vita sia nella totale discrezionalità del Capo dello Stato che ha tale facoltà senza nemmeno limiti temporali. Può cioè procedere alle nomine che gli spettano quando vuole, senza dover rispettare scadenze o paletti predefiniti.
Quanto al profilo dei senatori scelti, Einaudi, oltre a Luigi Sturzo, nominò solo personalità della società che si erano distinte in ambito culturale in un’Italia appena uscita dalla guerra: dal maestro Toscanini (che rifiutò l’incarico per una scelta di “semplicità”) al poeta Trilussa, dallo scultore Pietro Canonica allo storico Gaetano De Sanctis.
Fu Giovanni Gronchi a introdurre la nomina di una personalità della politica, quando scelse l’ex presidente dell’Iri ed ex presidente del Senato Giuseppe Paratore. Una porta aperta in cui si infilò senza alcuna remora Antonio Segni che nominò solo tre senatori ma tutti e tre politici: Cesare Merzagora, Ferruccio Parri, Meuccio Ruini. Molti costituzionalisti hanno storto il naso davanti alla ratio di queste scelte; non certo per l’indubbio valore dei politici scelti, ma perché tale ratio cozzava con lo spirito originario dei costituenti che volevano arricchire il Senato con personalità di spicco della società, della cultura, dell’economia, del tutto slegati dalla contesa elettorale e politica.
Dobbiamo attendere l’arrivo di Giorgio Napolitano e di Sergio Mattarella per ritornare allo spirito originario. Con la sola eccezione di Mario Monti, economista e commissario Ue che una volta nominato è stato incaricato presidente del Consiglio ed ha poi intrapreso la carriera politica, Napolitano aveva nominato il maestro Claudio Abbado, l’architetto Renzi Piano, la neurobiologa Elena Cattaneo, il fisico e premio Nobel Carlo Rubbia. Sergio Mattarella ha poi nominato Liliana Segre, testimone della Shoah. Una nomina che ha anche fatto arrivare a quattro il limitatissimo numero di donne: prima di Segre e Cattaneo solo Rita Levi Montalcini e Camilla Ravera avevano avuto l’onore del laticlavio.