AGI - Il rischio di consegnare il Paese alla peggior destra è concreto: l'allarme nel Partito Democratico è scattato dopo la scelta di Italia Viva di sostenere un candidato alternativo a Michele Emiliano in Puglia. Per questa ragione il segretario del pd, Nicola Zingaretti, rompe gli indugi definendo "ridicoli" gli argomenti che ancora frenano le alleanze del centrosinistra unito nelle regioni: "Le destre combattono unite in tutte le Regioni, anche se spesso all'opposizione sono divise. Per fortuna con candidati deboli, contestati e già bocciati in passato dagli elettori. Invece tra le forze politiche unite a sostegno del Governo Conte prevalgono i no, i ma, i se, i forse, le divisioni. Il motivo è ridicolo: si può Governare insieme 4 anni l'Italia ma non una Regione o un Comune perchè questo significherebbe 'alleanza strategica'. Ridicolo!".
A cercare di fare quadrare i conti con gli alleati dei Cinque Stelle è impegnato il vice segretario Andrea Orlando il quale ammette che la sfida è "difficile" anche per come sono organizzati i Cinque Stelle al loro interno, "però non vedo alternative". E aggiunge: L'idea di fare una campagna elettorale da fronti contrapposti mentre si governa insieme a Roma risulta particolarmente bizzarra a Orlando come a buona parte del gruppo dirigente dem consapevole che, nonostante l'ottimismo sul valore degli avversari in campo, con la partita delle regionali e delle amministrative il Pd e il governo si giocano molto.
La posta, infatti, è più politica che mai, soprattutto perché si gioca nei tempi supplementari della Fase 3, in autunno, quando le iniziative del governo per fronteggiare la crisi saranno messe alla prova dei fatti. Al 'niet' dei renziani in Puglia, poi, si aggiungono le difficoltà con il Movimento 5 Stelle che, a Napoli, ha già presentato una sua candidata.
"Alla fine, tranne che in Liguria, finirà come qualcuno auspica: senza alleanze con il M5s", è il timore di fonti parlamentari dem. Per questo, Nicola Zingaretti e il suo stato maggiore sono sempre più convinti che occorre un centro sinistra unito, compatto per fronteggiare la destra che, proprio in queste ore, ha trovato la quadra sui nomi dei candidati nelle regioni e sullo schema per quelli nei comuni. Certo, come rileva Michele Emiliano, il centrodestra non fa primarie "ma scegli con un caminetto" di tre leader. è altrettanto vero, però, che la possibilità di vedere insieme Pd, Leu, Italia Viva e M5s si complica di ora in ora.
Ettore Rosato, coordinatore nazionale dei Renziani, ha già fatto sapere di non escludere di dare il benservito al Pd anche in altre regioni, dopo averlo fatto in Puglia, candidando Ivan Scalfarotto. Emiliano sarà quindi sostenuto, oltre che dal Pd, da Leu e da alcune liste civiche, secondo lo schema della coalizione aperta alle realtà civiche e sociali presenti sui territori.
Qui, tuttavia, l'appello ai Cinque Stelle è che si apra un confronto per una alleanza "prima o dopo le elezioni", come auspicato dallo stesso Emiliano. Ancora aperta la partita del candidato in Liguria, dove Leu e M5s sono fermi sul nome del giornalista Ferruccio Sansa, in attesa che il Partito Democratico faccia un nome alternativo: "Il rischio che salti il tavolo c'è", ammettono però fonti locali di Leu.
Centro sinistra diviso, almeno al momento, anche in Campania dove il M5s sosterrà Valeria Ciarambino, mentre il Partito Democratico e Articolo 1 (Sinistra Italiana non ha ancora scelto) appoggiano Vincenzo De Luca contro il candidato di centro destra, Stefano Caldoro, in una riedizione della sfida del 2015.
Ancora apertissime, per il Pd e il centro sinistra, le ipotesi in Toscana e Marche. In uno scenario così frastagliato, con la sola Campania che sembra sorridere al centro sinistra, il timore dei dem è che a pesare sul risultato e sul governo possano esserci anche le misure adottate per il rilancio economico.
Le risorse messe in campo, dal governo e dall'Unione Europea, sono importanti ma, per essere efficaci, occorre che vengano indirizzate al meglio. è questa la principale preoccupazione dei dem e su questo sembra aprirsi un nuovo fronte nella maggioranza. L'accenno alla possibilità di operare un taglio dell'Iva, fatto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non è piaciuto ai dirigenti dem che puntano al taglio del cuneo fiscale per le imprese dopo averlo assicurato ai lavoratori.
Con il Pd impegnato sul doppio fronte delle misure per la ripartenza e della ricerca di una soluzione per le alleanze locali, i dem fanno muro in difesa del segretario, oggetto dell'attacco di Giorgio Gori. La vicenda ha tutt'altro che smesso di fare discutere: in ambienti parlamentari, infatti, si commenta la mossa del sindaco di Bergamo con aggettivi come "precipitosa" e "intempestiva". Perché, con il Paese piegato dalla crisi del Covid-19, l'ultima cosa di cui la base sente il bisogno è aprire una discussione sul congresso.
Ma anche perché, come spiegano fonti parlamentari, "Gori non può immaginare di tirare la volata a Stefano Bonaccini - questo, secondo i più, l'obiettivo del sindaco - senza che sia cambiato qualcosa nel governo". In altre parole, perchè si possa immaginare un passaggio di testimone al Nazareno occorrerebbe un rimpasto che preveda un incarico per Nicola Zingaretti. Una ipotesi "lunare", commenta un alto dirigente dem.
Una parola, 'rimpasto', che al momento è lontana anni luce dall'agenda della maggioranza, ma che potrebbe tornare in autunno: "Entro dicembre qualcosa potrebbe accadere", scommette un deputato dem. Sul caso è intervenuto anche Carlo De Benedetti che ha esplicitato il sospetto di molti fra i dem: "Mettere in discussione Zingaretti è una cosa che puzza tanto di Renzi".