AGI - Dopo giorni di ostruzionismo e duro scontro tra maggioranza e opposizioni, arriva il primo via libera della Camera (257 sì e 148 no) al decreto Elezioni, con il voto contrario di Forza Italia, FdI e Lega. E nel governo si fa strada l'ipotesi di aprire i seggi elettorali non all'interno delle scuole bensì in altri luoghi (si pensa alle palestre, ma c'è anche chi ipotizza le caserme) così da evitare di dover chiudere le scuole a pochi giorni dalla riapertura dell'anno scolastico. La proposta, avanzata dal segretario Pd Nicola Zingaretti, è stata subito accolta dal premier Giuseppe Conte.
Il decreto, che rinvia in autunno le elezioni Regionali, comunali, suppletive per Camera e Senato, e accorpa in un'unica tornata elettorale anche il referendum costituzionale, passa ora all'esame del Senato per l'approvazione definitiva entro venerdì, pena la decadenza. Il provvedimento non indica una data precisa del voto, ma una finestra che va dal 15 settembre al 15 dicembre. Attraverso un emendamento di Forza Italia, approvato durante l'esame in Aula con l'astensione della Lega e il solo voto contrario di FdI, viene fatta slittare anche la finestra elettorale per le Regionali, che partirà dal 15 settembre. In questo modo, la prima domenica utile per votare in Veneto, Liguria, Marche, Toscana, Campania e Puglia sarà il 20 settembre, proprio la data su cui convergono governo e maggioranza per far svolgere l'election day (il decreto prevede che le urne restino aperte anche il lunedì, fino alle 15, per evitare affollamenti).
Una data che ha creato non poche tensioni tra governo e Regioni, che invece volevano andare alle urne prima, già a fine luglio o al massimo il 6 settembre, ma anche con le forze di centrodestra, schierate a favore dello slittamento del voto a fine settembre se non ottobre. Altra questione che ha creato fibrillazioni l'accorpamento del referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari, con il Comitato promotore nettamente contrario all'election day. Ma maggioranza e governo hanno tenuto il punto: resta l'orientamento di indire le elezioni il 20 e 21 settembre, con i ballottaggi da svolgersi il 4 ottobre. Difficile che al Senato possano arrivare ripensamenti, entro la settimana infatti il decreto va necessariamente convertito in legge, quindi senza modifiche visto che i tempi sono strettissimi.
Il muro contro muro alla Camera è stato superato in extremis grazie all'intesa raggiunta tra maggioranza e opposizione sulla par condicio e l'immodificabilità delle leggi elettorali regionali prima del voto (casus belli la Regione Marche). "Sono molto soddisfatto della ritrovata intesa politica sul testo che disciplina le prossime scadenze elettorali e potrà consentire l'election day per il rinnovo, nello stesso giorno, delle amministrazioni comunali, regionali e di celebrare il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari", commenta il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, che aggiunge: "Sono stati giorni di intenso lavoro, ma la soluzione trovata consentirà di risparmiare risorse pubbliche, di consentire il voto in totale sicurezza e di favorire la più ampia partecipazione dei cittadini, salvaguardando il nuovo anno scolastico senza interromperlo ripetutamente". Quanto alla data, "rivendichiamo la scelta del 20 e 21 settembre" per l'election day "come punto di equilibrio, non di compromesso", afferma in Aula il capogruppo di Leu Federico Fornaro, che invita l'esecutivo a valutare "la possibile individuazione di altri luoghi dove allestire i seggi al di fuori delle scuole".
Proposta avanzata dal segretario dem Zingaretti, che ha lanciato un "appello al governo: si tengano i seggi in luoghi separati, come le palestre o in altri luoghi pubblici, che non siano le scuole, per evitare di interrompere il ciclo scolastico”. Per Conte si tratta di "una buona idea". Il presidente del Consiglio quindi assicura: "Chiederò alla ministra Lamorgese di trovare subito dei locali alternativi, perché è chiaro che rischiamo di partire" con l'anno scolastico "e dover subito interrompere per alcuni giorni e questo non lo vogliamo consentire. Cercheremo delle soluzioni alternative".
Forza Italia, con la capogruppo alla Camera, Maria Stella Gelmini, rivendica però la parternità dell'idea: "Questa è una nostra proposta, presentata giovedì scorso alla Camera sotto forma di ordine del giorno al decreto elezioni che il governo e la maggioranza hanno respinto, con un voto contrario, in Parlamento. Dopo Zingaretti anche il premier ha rivisto la sua posizione? Perfetto, noi siamo costruttivi e badiamo al sodo".