La richiesta di una linea di prestito per 6,3 miliardi di euro garantita dallo Stato italiano da parte di FCA apre un nuovo fronte di scontro fra le forze politiche, anche interne alla maggioranza.
Il dibattito interpella, innanzitutto, il Partito Democratico dato che alla presa di posizione del vice segretario Andrea Orlando, che pone condizione per l'erogazione del prestito il ritorno della sede legale FCA in Italia, il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci non sembra avere dubbi: "Il prestito chiesto da Fca ad una banca privata serve a pagare lo stipendio dei dipendenti italiani e di tutta la filiera".
In serata, un post su Facebook del segretario nazionale arriva a dare la linea che, nel frattempo, si è andata affermando fra i dem e non solo. Va bene il prestito, ma con precise garanzie sul piano occupazionale e degli investimenti in Italia. Su questa linea si pone anche il M5s: per il capo politico Vito Crimi, infatti, il prestito "porterà entrati importanti per l'erario" a patto che siano poste alcune condizioni in cambio della garanzia dello Stato: "La garanzia dello Stato, peraltro onerosa, che porterà entrate importanti nella casse dell'erario, è su una linea di credito aperta da un istituto bancario a favore di FCA Italia, la cui sede è in Italia", spiega ancora Crimi.
Il caso nasce dalla richiesta di Fiat Chrisler Automobiles di poter accedere alle garanzie Sace - società per azioni che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti - per i prestiti previsti dal decreto Cura Italia. Ora, FCA non è un'azienda solo italiana ma italo-americana, con sede in Olanda. È questo aspetto societario ad aver sollevato dubbi fra molti esponenti dei partiti di governo, a cominciare da Andrea Orlando che ha sottolineato come "senza imbarcarci in discussioni su che cosa è un paradiso fiscale, si possa dire con chiarezza una cosa: un'impresa che che chiede ingenti finanziamenti allo Stato italiano riporta la sede in Italia. Attendo strali contro la sovietizzazione e dotti sermoni sul libero mercato".
E gli "strali" sono puntualmente arrivati. Dalla politica, certo, ma anche dai quotidiani vicini al gruppo italo-americano. Con il titolo 'Quel virus tra politica e giornali', Massimo Giannini sulla prima pagina della Stampa scrive che "Il gruppo Fca, satellite della galassia Exor cui appartiene anche questo giornale, concorda con Banca Intesa e Sace un prestito da 6,3 miliardi, coperto da garanzia statale secondo le nuove norme previste dal decreto Cura Italia. Si scatena una polemica, a sinistra ma non solo a sinistra, contro quei gruppi industrial-finanziari che 'chiedono aiuti all'Italia' ma poi 'mantengono la sede fiscale all'estero'". Non solo. Giannini affonda il colpo paragonando, di fatto, la parole di Orlando a quelle degli odiatori che calunniano Liliana Segre o Silvia Romano: "in fondo anche le semplificazioni di Orlando nascono dallo stesso 'agente patogeno'. Un virus pericoloso che indebolisce la democrazia".
Immediata la replica del vicesegretario dem: "Secondo il direttore de La Stampa poiché ho osato ipotizzare che alcuni soggetti dell'informazione potrebbero essere condizionati dagli interessi dei loro editori, nell'attuale fase politica, sarei praticamente alla stregua (poiché colpito dallo stesso virus, usa proprio questa felice e tempestiva metafora) di coloro che sui social linciano quotidianamente Liliana Segre e Silvia Romano. E questo a causa della rozzezza del mio ragionamento. Il suo, in effetti, è assai più raffinato. Buona giornata" conclude Andrea Orlando.
Da parte dei partiti, un Sì forte e chiaro perché lo Stato garantisca il maxi prestito a FCA arriva da Matteo Renzi: "Bene Fiat Chrysler che chiede un prestito alle banche da 6 miliardi per tenere aperte le fabbriche in Italia. Sbagliato evocare 'poteri forti' e 'interessi dei padroni'", scrive Renzi su Twitter riferendosi ad Orlando.
Duro con FCA è, invece, Carlo Calenda che spiega: "FCA non ha mai rispettato il piano per gli investimenti previsto per l'Italia; avrebbe la liquidità per sostenere un gruppo, ma la tiene nella capogruppo per distribuire un maxi dividendo pre fusione con PSA; quel maxi dividendo non verrà tassato", spiega l'ex ministro dello Sviluppo Economico rispondendo a Matteo Renzi.
Posizione, quella di Renzi, condivisa da parte delle opposizioni, con Matteo Salvini che spiega: "Sicuramente preferisco Giorgio Armani che ha detto portiamo le sfilate da Parigi a Milano. Detto ciò, se ci sono decine migliaia di posti di lavori in ballo prima di dire no qualche pensierino ce lo farei".
Nel comunicato in cui si parla del prestito, infatti, FCA spiega di agire "esclusivamente per sostenere il settore dell'automotive in Italia", ricordando alcune cifre a cominciare dai lavoratori impiegati.
Su questa linea anche Giorgia Meloni e Forza Italia: "La Fca chiede di accedere al prestito bancario con garanzia pubblica? Bene, ha le condizioni tecniche per chiederlo, la filiale italiana paga le tasse in Italia. Ma vista la dimensione della richiesta e gli interessi occupazionali in gioco, spetta allo Stato mettere una condizione chiara: un piano di investimenti nel nostro Paese e una strategia di rilancio adeguata al futuro dell'industria automobilistica e all'attività degli stabilimenti italiani", spiega Mara Carfagna.
Unica voce fuori dal coro rimane quella di Liberi e Uguali che, con Nicola Fratoianni, sottolinea: "Quando mai i vertici di Fca hanno rispettato gli impegni sottoscritti di investimenti nel nostro Paese? è vero che Fca ha fabbriche in Italia, ma ha deciso di pagare le tasse altrove. Sarebbe davvero stravagante se una norma nata per aiutare le imprese italiane, diventasse il bancomat di tante multinazionali che operano nel nostro Paese".