La app per tracciare i contagi? “Le regole fissate dall’Europa per il tracciamento” sono “no alla geolocalizzazione, sì alla tecnologia bluetooth, anonimato e volontarietà” risponde Antonello Soro, il Garante per la privacy e la protezione dei dati personali in un’intervista a la Repubblica. E premette anche che al momento “io non conosco la app su cui è caduta la scelta del governo”, tuttavia aggiunge Soro, “nella fase della selezione, però, l’ufficio del Garante ha avuto una intensa interlocuzione con il ministero dell’Innovazione”, al quale – precisa – “abbiamo fornito indicazioni molto chiare rispetto sia alla tutela dei dati personali, sia alla migliore tecnologia per garantirla”.
Poi Soro spiega anche le modalità attraverso le quali garantire l’anonimato, dicendo che il sistema di tracciamento con la pseudonimizzazione dei dati identificativi funziona così: “Ogni 15 minuti il bluetooth rilascia un codice alfanumerico. Questa sequenza di codici resta immagazzinata su ogni singolo telefonino. Viene decodificata solo quando si individua un positivo e allora occorre ricostruire la catena epidemiologica dei suoi contatti”. Poi, “incrociando tutti i codici identificativi (e anonimi) che nell’ultimo periodo sono entrati in contatto con la persona infetta”.
Ed è a quel punto che sulla app del potenziale contagiato, identificato con un codice alfanumerico, “comparirà un avviso che segnala il rischio.” La app – ricorda Soro -, è stata ceduta allo Stato: il gestore è pubblico. Non solo. Noi abbiamo anche chiesto che una volta che tali dati abbiano esaurito il loro ciclo vengano distrutti”. Quindi un’esortazione: “Il sistema funziona solo se verrà adottato da almeno il 60% degli italiani. Ai quali bisogna far capire che il diritto alla salute è un interesse collettivo: solo se lo perseguiamo tutti, in modo solidale, riusciremo a centrare l’obiettivo. Da qui anonimato e volontarietà come principi cardine” assicura il Garante per la privacy.