L'uscita, lo ammette lui stesso, non è stata felice. Ma quella frase sui topi mangiati vivi dai cinesi, dice il governatore del Veneto, Luca Zaia, è stata strumentalizzata per attaccarlo.
Tutto inizia con un'intervista ad Antenna 3, in cui Zaia dice: "Li abbiamo visti tutti, i cinesi, mangiare i topi vivi o altre robe del genere". Apriti cielo: l'ambasciata di Pechino, già irritata con l'Italia per la sospensione dei voli diretti decisa nell'immediatezza della diffusione del coronavirus, punta il dito contro "un politico italiano che non ha risparmiato calunnie sul popolo cinese" e bolla le parole di Zaia (senza mai nominarlo) come "offese gratuite che ci lasciano basiti".
I più agguerriti sono i grillini. Vito Crimi accusa Zaia di "razzismo ripugnante" e domanda "quanti miliardi costerà" la sua battuta; Davide Crippa si scusa "a none del popolo italiano" e Danilo Toninelli parla di "stupido autogol".
"È tutto il giorno che vengo massacrato per quel video. Nella migliore delle ipotesi sono stato frainteso, nella peggiore strumentalizzato” dice Zaia in un’intervista al Corriere della Sera in cui puntualizza: “Quella frase mi è uscita male, d’accordo” e “se qualcuno si sente offeso - aggiunge - mi scuso” ma, precisa, “non era mia intenzione fare il qualunquista e tanto meno generalizzare”. “Intendevo”, chiarisce, “fare una riflessione più compiuta” con l’intenzione di parlare “delle fake news e dei video che hanno girato prima che l’epidemia arrivasse da noi”.
Per Zaia, nella sostanza, “hanno preparato la culla per il neonato” perché “qui non è arrivato il virus, ma il virus della Cina. Prova ne sia l’aumento esponenziale della diffidenza nei confronti dei cinesi, creata dai social”. Ma al di là delle espressioni usate e polemiche seguite, la preoccupazione del governatore veneto riguarda “le nostre imprese devastate da questa emergenza che prima è sanitaria e poi mediatica” e chiede che il governo intervenga “mettendo in campo un budget da centinaia di milioni per una campagna di riposizionamento della reputazione del nostro Paese”.
Anche perché, fa i conti Zaia, tra Venezia e il Veneto “io qui ho il turismo e 600.000 partite Iva che da soli valgono 150 miliardi di Pil. Se vanno in fumo, altro che recessione, è Medioevo” pertanto “se ci sono i presupposti bisogna dare un segnale di ripartenza”.