Collaborare. È questo per Giuseppe Conte "l'imperativo etico" per affrontare l’emergenza coronavirus nel Paese. Un’emergenza, sottolinea, e non “una catastrofe”. Poi ammette: "La prova tampone va fatta solo in alcuni casi circostanziati. Il fatto che negli ultimi giorni si sia esagerato con la prova tampone non corrisponde alle prescrizioni della comunità scientifica".
Le zone epicentro restano quelle dei giorni scorsi (i dieci comuni del Lodigiano e Vo Euganeo in provincia di Padova), anche se il numero ufficiale dei contagiati nelle ultime 24 ore è salito di 54 unità a quota 283 e nuovi casi si registrano in Toscana e in Sicilia.
Dopo le polemiche con le Regioni di ieri, Giuseppe Conte presiede in mattinata una lunga riunione con i governatori. Presenti anche tutti i ministri dell’esecutivo, il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, e i presidenti dell’Anci e dell’Unione delle province. Al termine del vertice il premier annuncia per oggi un’ordinanza per “uniformare i comportamenti nelle regioni non direttamente coinvolte” perché, spiega, “il pieno coordinamento è il metodo più efficace per prevenire la diffusione del contagio.
Con le Regioni – assicura - stiamo lavorando molto positivamente". Le parole pronunciate in mattinata dal governatore della Lombardia segnano però una distanza. “Se (Conte, ndr) si mette ad accusare le Regioni, significa che sta seguendo un'altra strategia. E' la strategia della disperazione”, afferma Attilio Fontana, mentre il suo assessore alla Sanità, Giulio Gallera, rincara la dose: "Veniamo in maniera ignobile attaccati da un presidente del Consiglio che non sapendo di cosa parla, dice che noi non seguiamo i protocolli. La Regione Lombardia i protocolli non solo contribuisce a livello nazionale a realizzarli, ma li segue in maniera puntuale".
Dichiarazioni che Conte preferisce non commentare. "Non è il momento delle polemiche", ora, è l’invito che rivolge a tutti, si deve “lavorare in squadra e senza sosta per tutelare la salute dei cittadini”. Ai cronisti che lo interrogano, il capo del governo assicura che il “Paese uscirà a testa alta dall’emergenza”, e che in Italia “si può viaggiare tranquillamente e fare del turismo” perché “è molto più sicuro di altri”.
Un messaggio che rivolge agli Stati confinanti che starebbero studiando contromisure. "Siamo tutti impegnati nelle relazioni internazionali, sarebbe ingiusto se arrivassero limitazioni da parte di Stati esteri, non lo possiamo accettare. I nostri concittadini possono partire sicuri per loro e per gli altri”, ribadisce poco prima della riunione tra i ministri della Sanità dei Paesi confinanti presieduta da Roberto Speranza.
Tre i livelli di condotta nell’azione di contrasto: il più rigido nelle aree focolaio, il secondo nelle zone confinanti che presentano episodi da contagio, e il terzo che comprende il resto della Penisola dove, dice il premier, “non c'è motivo di adottare misure severe e restrittive – come la chiusura delle scuole o la sospensione delle attività lavorative - ma misure di cautela".
Al di là dei numeri anche Walter Ricciardi, componente del Comitato esecutivo dell'Oms e da ieri consigliere del ministro della Salute, chiede che il "grande allarme", che comunque non va “sottovalutato”, sia "ridimensionato". "Su cento persone malate, 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi gestibili in ambiente sanitario, il 5% è gravissimo, e di questo il 3% muore", afferma l’esperto.
In vista anche misure per sostenere l’economia. "Ci prepariamo ad agire anche contro l'emergenza economica. Facendo sistema offriremo una risposta incredibile anche sul piano economico", dice Conte.