In una giornata in cui l'unico pensiero va al coronavirus - nelle chat dei vari partiti non si fa che parlare di questo: c'è chi propone di venire alla Camera con le mascherine e chi, soprattutto nel centrodestra, ritiene sia necessario posticipare la convocazione di lunedì - anche lo scontro interno al governo passa in qualche modo in secondo piano. Non è un caso che i renziani invitino ad abbassare i toni. Non si può certamente aprire la crisi con un'emergenza di questo tipo. Ecco il motivo per cui anche sabato all'assemblea di Iv Renzi non dovrebbe lanciare messaggi di 'guerra'. Ribadirà che "se ci vogliono al governo devono prendere anche le nostre idee" ma fino all'incontro con Conte - probabilmente si terrà mercoledì mentre le comunicazioni del premier alle Camere saranno il 4 marzo - non ci sarà alcuno strappo formale. "A patto che - afferma una fonte parlamentare renziana - Conte non continui in questa ricerca spasmodica dei responsabili. A quel punto fine dei giochi". Se le tensioni dovessero risalire allora i renziani non aspetterebbero la conta in Parlamento.
Di una cosa sono convinti i fedelissimi dell'ex presidente del Consiglio: "Questa maggioranza senza di noi non ha i numeri per andare avanti. Servirebbero almeno 8 senatori di FI e dovrebbero sperare che i senatori a vita vengano sempre a votare", osserva la stessa fonte. Tutti i partiti fanno i propri calcoli, pallottoliere alla mano. C'è quindi la possibilita' (ridotta al lumicino) che Renzi tenga le porte aperte e si accontenti di un compromesso, visto che il presidente del Consiglio - oltre che sul tema delle nomine - potrebbe concedere - ma bisognerebbe poi vedere come la pensano Pd e M5s - l'ok sul piano sui cantieri.
Da giorni tuttavia l'orientamento dell'ex presidente del Consiglio è quello di uscire. Venerdì ha ribadito le sue 'condizioni' per restare: lo sblocco con i commissari dei cantieri fermi; l'eliminazione o la modifica del reddito di cittadinanza; una 'giustizia giusta' e il cambiamento delle regole per eleggere il 'sindaco d'Italia': "Se il premier - afferma Renzi - riterrà che su queste cose si possa trovare un buon compromesso, noi ci saremo. Se invece riterrà di respingere le nostre idee, faremo senza polemiche un passo indietro, magari a beneficio dei cosiddetti responsabili". Il 'piano B' porta ad un governo istituzionale, anche se la strada è impervia. Pure chi ipotizza un percorso del genere - con l'eventuale sostituzione del Pd con FI - sa benissimo che sarebbe difficile tenere fuori Lega e Fratelli d'Italia.
Fari puntati sui "responsabili"
Il partito di via Bellerio apre solo a 'convergenze parallele' con Renzi ("Su alcuni punti ha ragione", afferma lo stesso Salvini) ma non ha intenzione di governare con lui né di far parte di un governo d'emergenza "soprattutto se non ci sta la Meloni", afferma un 'big' lumbard. Ed ecco quindi che i fari sono puntati sui cosiddetti 'Responsabili'. Restano un passo indietro, aspettando di capire quale sarà l'evolversi della situazione. Convinti che appunto la strada dell'esecutivo istituzionale sia difficilmente praticabile ("Perché Zingaretti direbbe di no", afferma un deputato moderato) e che anche sostenere l'agenda 2023 di Conte non sarà una passeggiata. "Dipende dalla possibilità di convergenze sui temi. E comunque la situazione è in evoluzione", sottolinea uno di quelli che da giorni vengono indicati come 'responsabili'.
Al di là delle smentite c'è fibrillazione nel gruppo azzurro a palazzo Madama. Alcuni senatori potrebbero magari in un secondo momento arrivare in soccorso di un 'Conte ter', per evitare che la legislatura si interrompi. Il premier dal canto suo in Parlamento non si rivolgera' solo alle forze politiche. Parlerà agli italiani, sostenendo che in questo momento ci vuole compattezza e unità d'intenti. Il coronavirus è l'ultimo dei problemi del Paese, dunque per il presidente del Consiglio l'unica strada da percorrere è quella di lavorare in un clima costruttivo. "Quindi se Renzi vuole stare dentro ben venga, altrimenti esca dalla maggioranza. Basta tentennamenti", osserva un ministro del Pd che sposa la posizione del Capo del governo.