“Parlare di Iraq prescindendo dall’Italia è un azzardo. Di questi quattro Paesi presenti lì, abbiamo uno dei contingenti più significativi, 900 militari. Siamo una componente importante della coalizione anti-Isis, alla cui riunione ho partecipato in apertura della Conferenza di Monaco”.
In un’intervista al quotidiano la Repubblica, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini tratteggia il quadro dell’impegno internazionale dell’Italia sui fronti caldi di guerra e racconta che la ministra della Difesa tedesca, Annegret Kramp-Karrenbauer, ha annunciato la riammissione dell’Italia ai tavoli internazionali che contano, Libia e Iraq anzitutto, dopo un’assenza che a suo avviso era, appunto, “un azzardo”.
Per Guerini, dunque, l’importante è che ora “si vada nella direzione di un superamento dell’E3 — Germania, Francia, Regno Unito — insufficiente per affrontare situazioni di crisi e impostare efficacemente un lavoro comune” un tema, afferma ancora il ministro della Difesa, “su cui abbiamo insistito tutti, anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il mio collega degli Esteri, Luigi Di Maio, nei loro colloqui con gli omologhi di Londra, Berlino e Parigi”.
”La stabilità – aggiunge il titolare del dicastero della Difesa - è un elemento importante anche nell’interlocuzione con gli altri Paesi”, tuttavia afferma, “immaginare soluzioni alla crisi libica, senza l’Italia in campo non ha senso”. “Credo se ne siano resi conto” dichiara Guerini, che tornando all’Iraq, racconta che per questo all’indomani dell’uccisione Soleimani, durante la crisi tra Washington e Teheran, “ebbi una telefonata con il Segretario alla Difesa Mark Esper” nel corso della quale “convenimmo sulla necessità di un maggior coordinamento tra gli alleati in Iraq”. E così, anche alla luce di ciò, “abbiamo deciso di mantenere inalterata la nostra presenza in quel Paese. Noi siamo tra i pochissimi Paesi a non aver ritirato neanche un soldato”, spiega.
Quanto al contributo dell’Italia sull’Iran, Guerini dichiara che “giustamente il ministro degli Esteri sta seguendo con attenzione quel dossier” ma ritiene anche che “accanto all’impegno per garantire alcuni principi fondamentali, come ad esempio la libera navigazione nello stretto di Hormuz, si debba affiancare un’attività che continui il dialogo con il governo di Teheran” con un approccio “fermo, ma mantenendo un atteggiamento de-escalatorio”.