Accordo "di massima" nel governo sulle correzioni da apportare alla riforma Orlando sulle intercettazioni e sul rinvio al 2 marzo della sua entrata in vigore. Ma è scontro sul nodo prescrizione, tanto che la discussione è stata aggiornata al 7 gennaio, dopo l'entrata in vigore della riforma prevista il primo giorno dell'anno, tra le proteste di Italia viva.
Al termine di un vertice, durato circa tre ore, in cui si sarebbero sfiorati momenti di tensione, fonti del partito di Matteo Renzi hanno fatto trapelare che ritengono "inutile" rivedersi il 7 gennaio, quando la prescrizione sarà già entrata in vigore. Iv, hanno aggiunto, ha "chiesto che si affrontasse il tema della prescrizione con la stessa urgenza con cui è stato affrontato quello delle intercettazioni". "Se si può inserire nel dl proroghe una norma sulle intercettazioni allora è possibile ottenerla anche per bloccare la decorrenza dei termini della prescrizione", è il ragionamento.
Sul fronte intercettazioni, al termine del vertice il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha spiegato ai cronisti che l'intesa raggiunta dalla forze della maggioranza dovrebbe confluire - rinvio a marzo e correzioni "sulle parti che ci vedevano distanti" - nel Milleproroghe atteso sabato sul tavolo del Consiglio dei ministri. "Sono molto soddisfatto, la maggioranza si sia dimostrata compatta su un tema delicato", adottando un "approccio non ideologico ma pragmatico", precisa.
Sul fronte prescrizione restano le "divergenze" in seno alla maggioranza, ha riconosciuto Bonafede. Il quale si è detto comunque "orgoglioso" che la riforma targata M5s entrerà in vigore come previsto dal primo gennaio. Favorevole al rinvio, oltre a Italia viva, che nel corso della riunione, con Maria Elena Boschi, avrebbe insistito a lungo su questo tema incontrando il 'no' di Bonafede, è anche il Pd.
Sul "tema della riforma del processo penale, come Pd, abbiamo detto che non ci soddisfa come entrerà in vigore la riforma della prescrizione. Abbiamo riproposto necessità durata ragionevole dei processi perché i cittadini ne hanno diritto. Non c'è stata quindi una convergenza finale, tanto che abbiamo deciso di rivederci il 7 gennaio", ha detto Walter Verini, uscendo da Palazzo Chigi.