Basta interessi di parte, ora serve compattezza. Questo il ragionamento che il premier Giuseppe Conte ha fatto ai ministri, nella serata di ieri, nel tentativo di creare gioco di squadra. È soprattutto il Pd che vede nella mossa del presidente del Consiglio - una riunione conviviale con i membri dell'esecutivo - un modo per tenere uniti governo e maggioranza alle prese con innumerevoli nodi da sciogliere.
Il primo naturalmente è l'ex Ilva: Conte ha fatto sapere che nel caso in cui ArcelorMittal ammorbidisca la propria posizione dovrà essere considerata la strada dello scudo penale. La comunicazione del governo in via informale è arrivata ai gruppi della maggioranza e nel Movimento 5 stelle la resistenza sulla eventualità di ripristinare una tutela legale sta venendo meno, anche se c'è un fronte che non intende fare marcia indietro.
L'altra grana è Alitalia, con lo stesso presidente del Consiglio che nei giorni ha lavorato sotto traccia per cercare di sbloccare la situazione, ma ormai la strada dell'ottava proroga sembra tracciata e non è solo Italia viva ad essere preoccupata: "È un'ipotesi che non ci lascia tranquilli", hanno spiegato i renziani che hanno chiesto chiarezza anche sul tema dei pignoramenti. Oggi la maggioranza si troverà a discutere sul Meccanismo Europeo di Stabilità (anche qui non sarà facile trovare una mediazione) mentre nei prossimi giorni dovrebbe essere convocata una riunione per trovare un compromesso sulla riforma della giustizia.
Il voto in Emilia Romagna
Ma i fari sono puntati soprattutto sull'elezione in Emilia Romagna. Sarà quello un vero e proprio spartiacque. Dal partito del Nazareno non c'è alcuna intenzione di promuovere invasioni di campo, nessun commento ufficiale sulla decisione di Di Maio di far votare gli iscritti su Rousseau sul tema delle regionali. C'è cauto ottimismo sui sondaggi e la convinzione che le urne in Emilia siano un'occasione per stabilizzare la legislatura.
Ma il voto su Rousseau - con il 70% che si è pronunciato a favore delle liste sia in Emilia Romagna che in Calabria - complica i piani. Anche se M5s ottenesse una bassa percentuale alle urne potrebbe essere determinante per impedire la vittoria del candidato del Pd. Una sconfitta di Bonaccini avvicinerebbe le elezioni, ammettono fonti dem. Una parte del Pd ritiene sempre più percorribile la strada del voto anticipato e c'è chi spinge a considerare l'opzione anche se Bonaccini dovesse vincere il 26 gennaio.
A quell'appuntamento mancano più di due mesi. La settimana prossima la Camera discuterà dei provvedimenti sul terremoto (ipotesi Legnini commissario) e sul decreto scuola mentre a dicembre dovrebbe cominciare pure l'iter delle modifiche al dl sicurezza. L'accordo minimo tra Pd e M5s è sui rilievi posti dal Capo dello Stato, il tentativo sarà quello di non forzare la mano, ma non si esclude di voler ripristinare i permessi umanitari cancellati da Salvini.
Sullo sfondo poi c'è il tema della legge elettorale, con il Nazareno che punta a stoppare M5s e Italia viva sulla strada del proporzionale: l'obiettivo è una legge che favorisca le aggregazioni. "Gli altri puntano a fare accordi dopo, non noi", la tesi. In realtà molti 'big' del partito puntano proprio sul proporzionale, magari con una soglia di sbarramento al 4 e non al 5%.
Ad indicare però la linea è Orlando: "La richiesta di Giorgetti non deve essere lasciata cadere. E credo che si siano le condizioni per un sistema che garantisca la rappresentanza ed eviti la frammentazione", ha sottolineato il vice segretario. Mentre nel Movimento 5 stelle c'è fibrillazione sulla questione della leadership di Di Maio, nel Pd (da tempo) si ragiona sulla possibilità di allargare la segretaria agli ex renziani.
Base riformista la prossima settimana si ritroverà a Milano e prima di allora alcuni parlamentari - si fanno i nomi di Bini (agli Enti locali), Ferrazzi (all'Ambiente) e De Luca (Mezzogiorno) - potrebbero entrare nella segreteria. Ma a condizionare il dibattito politico sarà soprattutto il tema delle alleanze.
Il voto di ieri con il sì degli iscritti M5s a proprie liste in Emilia Romagna e Calabria rischia di mettere a repentaglio la stabilità della maggioranza e del governo. E non è un caso che il premier Conte abbia deciso di vedere i ministri proprio nella stessa giornata. Il Movimento nega che il tema delle regionali sia legato alla durata del governo, ma - spiega un 'big' dem - in questo modo si sceglie di lasciare la strada libera alla Lega.